
Amazon entra come editore nel mercato europeo
AmazonPublishing, la casa editrice di Amazon, entra nel mercato europeo e apre una filiale in Lussemburgo.
AmazonPublishing, la casa editrice di Amazon, entra nel mercato europeo e apre una filiale in Lussemburgo.
Lo scrittore e sceneggiatore televisivo Mauro Casiraghi pubblica il suo ultimo romanzo “Un chilo di cenere” in versione eBook affidandosi all’autopubblicazione, ad Amazon e a un’agente letteraria che per l’occasione è diventata anche un po’ editore. Bibliocartina ha dialogato con l’autore per capire le ragioni di una scelta che in Italia è senz’altro fuori dagli schemi. Per quanto ancora, tuttavia?
Un gruppo di deputati ha presentato una proposta di legge alla Camera per abbassare l’IVA sugli eBook al 4%, parificandola all’IVA sui libri di carta. La proposta è stata inoltrata da Davide Capriani della Lega Nord quale primo firmatario.
Dopo la fusione recentemente ufficializzata tra Penguin e Random House che ha portato alla nascita della casa editrice più grande del mondo, altri player dell’editoria americana quali HarperCollins e Simon & Schuster, tra i più grandi gruppi editoriali al mondo, starebbero progettando una fusione secondo quanto riportano i media statunitensi.
L’agenzia internazionale Bowker ha pubblicato da poco uno studio in base al quale sono i tablet i dispositivi che stanno guadagnando rapidamente larghe fette di mercato fra i lettori di libri elettronici.
Amazon potrebbe sbarcare già entro la fine di novembre in Cina ed iniziare a commercializzare direttamente i suoi prodotti presso il pubblico cinese. Al momento la notizia non è stata confermata dai vertici aziendali, si tratta di un’indiscrezione raccolta dalla rivista in cinese dedicata alla tecnologia QQTEch.com, e rilanciata da vari organismi di stampa americani. Amazon avrebbe infatti ricevuto dalle autorità cinesi il permesso di vendere direttamente – senza passare per rivenditori locali – cinque dispositivi Kindle per la lettura di eBook, in particolare: Kindle Keyboard, Kindle Touch, Kindle Paperwhite, Kindle Fire HD e Kindle Fire. Gli accordi con la Cina risalgono al viaggio del vicepresidente dell’azienda americana Marc Onetto nel dicembre 2011, finalizzati a ottenere proprio il permesso di commercializzare in via diretta i prodotti Kindle nel paese. Quale indizio dell’imminente sbarco del Kindle in Cina QQTech.com indica anche la traduzi0ne del manuale ufficiale del Kindle Paperwhite in cinese. Sarebbe infatti la prima volta che un manuale d’uso di un prodotto Kindle viene tradotto anche in cinese. Attualmente il mercato degli eReader cinese è occupato per lo più da piccoli produttori locali, ma la lettura di eBook è molto diffusa su smartphone e tablet, e il mercato degli eBook pirata è superiore, secondo quanto riportano diversi organi specializzati, a quello degli eBook legali.
L’agenzia di stampa Reuters ha pubblicato una serie di indiscrezioni riferibili a fonti anonime secondo le quali la Commissione Europea sarebbe in procinto di pronunciarsi a favore dell’accordo proposto da Apple e i quattro editori accusati di aver costituito un illecito cartello con il gigante di Cupertino al fine di mantenere alto il prezzo degli eBook. La Commissione Europea aveva pubblicato un “invito a presentare osservazioni” lo scorso settembre in merito ai termini dell’accordo, ma manca tuttora un pronunciamento definitivo che secondo le fonti anonime Reuters dovrebbe arrivare a fine mese. La proposta avanzata dagli editori (Apple, Simon & Schuster, Hachette Livre SA, HarperCollins e MacMillan), ricordiamo, è quella di offrire per i prossimi due anni i propri ebook a prezzi scontati su varie librerie online. Il Penguin Group non ha invece preso parte alla proposta di accordo. Le fonti Reuters affermano che la Commissione accetterà le proposte pronunciandosi a fine mese. Il portavoce ufficiale della Commissione ha tuttavia rifiutato di commentare. Molti commentatori riportano da tempo questo accordo come un’annunciata vittoria di Amazon, il cui modello di business a forti sconti sul prezzo eBook potrebbe sicuramente ricavare vantaggio dall’interruzione di comportamenti commerciali come quelli intrapresi per anni da Apple e dagli editori ad essa legati.
Aria di rivolta contro Amazon negli Stati Uniti, da parte di numerosi scrittori che si sono visti cancellare decine e decine di recensioni sia verso i loro libri, sia scritte da loro sui libri di qualcun altro. Nei giorni scorsi Amazon ha infatti cancellato numerose recensioni affermando che “non sono consentite recensioni da parte di persone o aziende con un interesse economico nel prodotto o sue concorrenti, inclusi autori, artisti, editori, produttori, o venditori terzi.” Se hai scritto un libro, insomma, non ne puoi recensire altri, non importa che tu sia un lettore accanito, né magari che il tuo libro parli di trattori elettrici e quello che recensisci tratti la storia della Seconda Guerra Mondiale. La scelta di Amazon, motivata con una email automatica uguale per tutti nella quale si afferma chiaramente che “non potremo fornire ulteriori spiegazioni” oltre a mettervi di fronte al fatto compiuto, ha scatenato le ire di tanti autori, i cui libri sono improvvisamente calati di rating proprio a causa della cancellazione di tante recensioni magari scritte da altri autori o addetti ai lavori. L’autore di crime-fiction Steve Weddle è stato uno dei primi a denunciare l’accaduto, e a lui si è unito il collega J. A. Konrath, che sull’Huffington Post ha pubblicato un’aspra lettera polemica confronti di Amazon in cui si denuncia il danno subito da decine di autori a causa di tale normativa.
La “peer review“, dunque, ovvero il giudizio fra colleghi, quel criterio così osannato in campo accademico, per Amazon è sinonimo di concorrenza scorretta, partendo dal presupposto, decisamente hobbesiano, che non si tratti di colleghi, bensì di semplici concorrenti interessati ad azzannarsi l’un l’altro. Davvero è così? Com’è noto, le recensioni su Amazon sono finite nell’occhio del ciclone mesi fa per via del “caso Ellory”: lo scrittore crime inglese R.J. Ellory smascherato dal quotidiano Daily Mail nella sua attività di entusiastico recensore di se stesso sotto il falso nome di Nicodemus Jones (aveva commentato una delle sue opere definendola “un capolavoro moderno”), e di detrattore delle opere altrui. Ellory, autore noto anche in Italia dov’è pubblicato da Giano Editore, ha rapidamente ammesso le sue colpe; tuttavia la confessione non è bastata a placare le ire di altri autori suoi colleghi. 400 autori (la maggior parte “crime writer” come Ellory), tra cui anche nomi arci-noti come Michael Connelly hanno infatti firmato la petizione “No sock puppets” (i “sockpuppet” in inglese sono gli account internet di copertura, usati per nascondere la propria vera identità). Ma gli stessi firmatari della petizione sono finiti nel mirino delle critiche di vari autori, tra cui il J.A. Konrath di cui sopra, accusati di “aver voluto ammazzare un topolino con una bomba nucleare” creando una lista dei buoni e dei cattivi per considerarsi migliori di altri. Gli scrittori americani sembrano dunque divisi tra chi sostiene in ogni caso la ‘peer review’, andando incontro al rischio di imbrogli che sono comunque una percentuale minima rispetto al mare magnum delle recensioni, e chi invece ritiene che andrebbe meglio (auto-)regolamentata. La soluzione che ha trovato Amazon alla regolamentazione lascia comunque aperti molti dubbi: come si fa a capire quando l’autore della recensione è un “competitor”? Se uno è appena un po’ bravo a camuffare la sua identità, il rischio è che questo tipo di misure penalizzino solo chi si firma in trasparenza, e non torcano un capello ai veri imbroglioni.
E noi? Come guardare a tutto questo dall’Italia? Dal paese in cui le recensioni sono affare di intellettuali, in cui le ‘fake review‘ sono le recensioni di libri di cui non si è letto u rigo scritte direttamente dai giornalisti firmandole con nome e cognome nella gaiezza generale? Ci sono autori che in Italia usano Amazon o altri siti per recensire opere di altri autori? Ma prima ancora: ci sono autori che in Italia leggono altri autori? E quanti sono? Gli Stati Uniti (o il Regno Unito) visti da qui, appaiono una realtà in cui il dibattito attorno ai libri, fake o non fake, è vivo, caldo e, in un certo modo, orizzontale. L’Italia è un paese in cui il dibattito attorno ai libri è relegato ai salotti dei soliti noti, tutti amici e tutti ‘stimati’, che sia dal vivo o su Twitter. Una questione “per il mio ufficio stampa” con prosecco in mano, insomma. Anche per questo continuiamo a chiederci: serve davvero a qualcosa fare paragoni con gli USA per immaginare il futuro del mercato librario italiano?
Amazon Europa e Hoepli hanno stretto un accordo in base al quale la casa editrice milanese metterà in vendita nel suo storico punto vendita del centro città (aperto dal 1870 e situato nella via omonima Urlico Hoepli nel centro della città meneghina) i dispositivi Kindle di Amazon fino al 22 dicembre. Si potrà dunque acquistare gli eReader dell’azienda americana e conseguentemente scaricare gli eBook in vendita presso l’Amazon Store, più di 1 milione di titoli complessivo e circa 30mila in italiano. Per Amazon l’accordo con Hoepli segna il primo ingresso nelle librerie fisiche italiane, mentre il direttore generale dell’azienda di famiglia Matteo Ulrico Hoepli ha dichiarato in un comunicato “Hoepli è una prestigiosa libreria il cui focus primario sono i libri e i propri lettori e l’innovazione. Dopo 140 anni, abbiamo voluto essere tra i primi a vendere il libro del futuro.”
Il numero di libri autopubblicati negli USA è cresciuto del 287% dal 2006 a oggi, e tra essi crescono a grande velocità gli eBook. Lo dice l’agenzia internazionale Bowker, che fornisce i codici ISBN per il mercato librario statunitense. Secondo le ricerche condotte dal gruppo, oggi i titoli autopubblicati negli Stati Uniti sono infatti più di 235mila (eBook e cartacei), circa il triplo che nel 2006. Di questi il 63% circa sono in edizione cartacea, ma la produzione di eBook è cresciuta del 129% in un solo anno, dal 2011 a oggi, mentre la produzione di libri autopubblicati cartacei in un anno è cresciuta del 33%.
Numeri che non sono – fa notare Bowker – dovuti più di tanto a una miriade di piccoli servizi semiartigianali, bensì ad alcuni grandi gruppi strutturati che offrono servizi integrati e professionali per l’autopubblicazione, fra questi in particolare CreateSpace (una piattaforma di auto-pubblicazione di proprietà di Amazon), che ha lanciato circa 55mila titoli (il 39% del mercato delle pubblicazioni cartacee), mentre SmashWords rappresenta il 47% delle autopubblicazioni eBook. Seguono Author Solutions (di proprietà del Penguin Group) con 47.094 titoli, e Lulu Enterprises con 38.000 titoli circa. Lulu è presente anche in Italia, e insieme a ilmiolibro.it rappresenta una delle principali piattaforme di autopubblicazione in questo paese. Le piccolissime case editrici, quelle che hanno prodotto non più di 10 titoli l’una, hanno pubblicato tutte insieme nel 2011 circa 35mila titoli, dei quali poco più di 1/3 sono eBook, incrementando tuttavia la produzione di libri cartacei del 74% tra il 2006 e il 2011. Niente, ad ogni modo, in confronto alla crescita di CreateSpace, la cui produzione libraria in sei anni è cresciuta del 1702%.
Durerà fino a sabato 6 ottobre la Banned Books Week in corso negli Stati Uniti, la “settimana dei libri censurati” che ogni anno la American Booksellers Association organizza in collaborazione con American Library Association (l’associazione delle biblioteche negli USA), con l’associazione degli editori Association of American Publishers e altre realtà. Quest’anno l’evento festeggia il 30mo anniversario, fu infatti inaugurato nel 1982 in risposta a un improvviso picco nelle censure nei confronti dei libri da parte di istituzioni scolastiche, biblioteche e librerie. Da allora, come informa la American Library Association, sono stati più di 11.300 i libri segnalati o vietati in alcuni istituti, con 326 contestazioni avvenute solo nel 2011. Al primo posto fra le autrici contestate c’è Lauren Myracle, autrice della saga “Internet girl”, di cui un solo volume è stato pubblicato in Italia da De Agostini nella traduzione di R. Verde, A+trd; la saga è stata contestata da numerose scuole per via delle volgarità di linguaggio, per i richiami espliciti al sesso e perché “inadeguata a una certa fascia d’età”. Seguono fra gli altri Hunger Games di Suzanne Collins (trilogia pubblicata in Italia da Mondadori e tradotta da Simona Brogli e Fabio Paracchini), perché contrario alla famiglia, per il contenuto violento, insensibile, e per il linguaggio offensivo; e ancora Il mondo nuovo di Aldous Huxley, per i suoi riferimenti al razzismo, alla religione e al sesso, la serie Gossip Girl, perché parla di droga e di sesso, e infine il classico del ‘900 “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee (pubblicato in Italia da Feltrinelli e tradotto da Amalia D’Agostino Schanzer; ne fu tratto anche un famoso film con Gregory Peck, nella foto, protagonista), per il linguaggio offensivo e – si badi bene – non perché sia un libro razzista, ma perché parla – denunciandolo – di razzismo. Non mancano anche alcuni autori e titoli all’apparenza insospettabili che sono comunque incappati in richieste di censura e in proibizioni: , ad esempio Le streghe di Roald Dahl (in Italia tradotto da Francesca Lazzarato per Salani), denunciato in Inghilterra di misoginia perché “le streghe sono tutte donne”, la saga di Harry Potter, proibita in varie scuole cattoliche americane perché contrario ai valori cattolici, Via col Vento (probito in una scuola per il ritratto che dà degli schiavi, e per il “comportamento immorale di Rossella O’Hara”) e infine Cappuccetto Rosso, censurato da due scuole californiane perché “nella cesta trasportata dalla piccola nel bosco c’era anche del vino”.