FNAC Italia, dal PPR Group una risposta ai dipendenti la prossima settimana?

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Il PPR Group proprietario della catena della grande distribuzione culturale e tecnologica FNAC “potrebbe pronunciarsi sul futuro di FNAC Italia la prossima settimana.” Questo è ciò che dalla Francia, usando il condizionale, ha dichiarato rapidamente al telefono a Bibliocartina questa mattina Gaëlle Toussaint, responsabile comunicazione FNAC, quando l’abbiamo contattata per avere notizie circa il futuro dei 600 dipendenti FNAC Italia attuali che sono in questi giorni in mobilitazione e che abbiamo intervistato stamattina. Toussaint ha anche aggiunto che “non possiamo dare comunicazioni precise poiché l’azienda è attualmente in fase di riorganizzazione dei processi aziendali”. Per verificare la notizia Bibliocartina ha cercato di contattare anche il responsabile delle pubbliche relazioni per Fnac in Italia, Gianfranco Mazzone dell’agenzia Burson Masteller, il quale non si è al momento reso reperibile.

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USA: cartello ebook, il giudice approva l’accordo con gli editori ma scatena polemiche. “L’accordo favorisce Amazon”, proprio all’indomani della presentazione del Kindle Fire.

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L’accordo di rimborso ai consumatori per un valore di 69 milioni di dollari, sottoscritto dagli editori Hachette Book Group, HarperCollins e Simon & Schuster negli Stati Uniti in merito all’indagine antitrust del Dipartimento di Giustizia USA sui prezzi degli ebook  è stato approvato ieri da un giudice federale. L’indagine, com’è noto, verteva su una violazione delle leggi sulla concorrenza da parte di Apple e cinque gruppi editoriali operativi in USA (un’indagine simile. per lo stesso tipo di accordo commerciale ritenuto illecito, è tuttora in corso anche in Europa). Come riportano i principali quotidiani americani la decisione di Denise Cote, giudice del tribunale distrettuale di Manhattan, stabilisce che i tre editori  mettano fine a qualunque accordo commerciale in essere con Apple sul prezzo degli ebook, e a qualsiasi accordo con i rivenditori di ebook che limiti la possibilità del rivenditore di applicare sconti sul prezzo del libro, e che debbano inoltre porre fine a clausole di favore in base alle quali si stabilisce che ad altri rivenditori non sarà consentito vendere gli stessi ebook a un prezzo inferiore. Tali decisioni saranno valide per un periodo di due anni.

La decisione del giudice ha scatenato i malumori non soltanto di Apple, che sperava in una risoluzione più lenta della controversia – Apple e gli altri due editori accusati di cartello, Penguin Group e MacMillan, non hanno sottoscritto accordi e si confronteranno dunque in processo con il Dipartimento di Giustizia americano; la data è il 3 giugno prossimo, dunque fino a quel giorno l’accordo commerciale con Penguin e MacMillan rimarrà in essere – ma anche i principali rappresentanti delle librerie indipendenti americane. Il marchio Barnes & Noble e l’American Booksellers Association hanno immediatamente presentato una protesta contro la decisione, vedono infatti, nel divieto assoluto fatto agli editori di fissare anche in parte il prezzo del libro, un enorme favore al colosso delle vendite di ebook online Amazon, una realtà commerciale tanto enorme da poter praticare sconti sul libro impensabili per la concorrenza. Molti commentatori hanno fra l’altro visto una curiosa coincidenza fra la decisione del giudice e il lancio, giovedì scorso, dei nuovi tablet di Amazon Kindle Fire, considerati da molti una seria minaccia all’egemonia dell’iPad sul mercato delle tavolette elettroniche.

Negli Stati Uniti le librerie indipendenti possiedono una fetta di mercato degli ebook non esigua, visto che Barnes&Noble detiene circa il 25% del mercato e l’American Booksellers Association ha da poco firmato un vantaggioso accordo con Kobo per la vendita di ebook. Gli sconti sono tuttavia una pratica commerciale che solo un megastore online generalista come Amazon può permettersi, essendo un colosso unico che non ha bisogno di curare la salute di ogni singolo venditore o socio indipendente, e può permettersi di applicare pesanti sconti su un prodotto come leva di marketing per promuovere l’acquisto di un altro. E molti ritengono che proprio questo avverrà a breve, con il Kindle Fire.

Intervista in anteprima a Romano Montroni, il libraio d’Italia. Oggi a Mantova presenta “I libri ti cambiano la vita”. Parte I

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Più di 50 anni trascorsi lavorando tra i libri, eppure conserva ancora lo stesso entusiasmo di un iniziatore Romano Montroni, libraio, formatore, consulente e autore per Longanesi del volume I libri ti cambiano la vita, che oggi sarà presentato a Mantova al Festivaletteratura; l’autore ha voluto parlarcene in anteprima su Bibliocartina.it, nel corso di una lunga e istruttiva chiacchierata telefonica. Pubblicheremo l’intervista in due parti, la prima dedicata al libro questa mattina, la seconda, dedicata invece al mestiere del libraio e al futuro dei libri secondo Montroni, oggi pomeriggio, 

“I libri ti cambiano la vita” – stamattina alle 12.00 Montroni ne discuterà con Stefano Salis, responsabile del supplemento Domenica de Il sole 24 ore, e con il conduttore televisivo bolognese Patrizio Roversi – è un classico libro sui libri. Un’intervista a 100 scrittori contemporanei, tra cui gli stessi Salis e Roversi, sui libri che sono stati, appunto, importanti per la loro formazione. Fra i tanti autori intervistati troviamo Corrado Augias, Serena Dandini, Vito Mancuso, Renata Colorni, Stefano Benni, personaggi noti, in misura certo differente, tanto al pubblico frequentatore delle librerie quanto a quello più avvezzo agli schermi televisivi.

Perché un libro del genere? “Questo libro si basa su un principio molto semplice però essenziale per il mestiere del libraio”, risponde Montroni, “ovvero il principio del suggerimento: con questo volume è come se avessi raccolto una enorme rubrica di suggerimenti da parte di chi scrive verso chi ama leggere, e tanto è vero che ultimamente anche sui quotidiani sono iniziate a fioccare le rubriche dei suggerimenti di lettura da parte degli scrittori! Ho scelto di comporre questo libro perché chi sta in libreria sa che i suggerimenti di lettura degli autori sono uno dei migliori conduttori di interesse verso un libro, e come libraio, sono uno che ama consigliare”. Il libraio dunque è uno che ama consigliare: sono parole molto affini a quelle che negli ultimi giorni abbiamo sentito pronunciare anche a Rita Addeo della Libreria Croci di Varese e a Marino Buzzi, intervistati entrambi da Bibliocartina. Un tratto comune, dunque, anche fra generazioni differenti di librai, e fra librai di genere ed esperienza diversi. 

Ma consigliare chi? Chiediamo: questo è un libro per lettori forti, o per convincere i non-lettori del fatto che i libri ti cambiano la vita? Perché nel secondo caso, non sarebbe stato meglio, per convincere ad entrare in libreria, mettere Totti o Maria De Filippi in un cartellone con i consigli di lettura, invece che puntare su personaggi noti ma non amatissimi? “Lei ha ragione sul fatto che ci sono personaggi televisivi che di primo acchito, per alcune fasce di popolazione, possono rappresentare un’attrattiva maggiore. Ma quello che ci interessava era soprattutto far conoscere al grande pubblico anche televisivo come avvengono, nella vita delle persone, incontri con libri che cambiano per sempre il corso della nostra esistenza, e non mi riferisco all’esistenza di autore letterario, ma all’esistenza tout court. Così è stato ad esempio, per Vito Mancuso, che ci ha raccontato del suo incontro con la Bibbia avvenuto a 16 anni, o per Andrea Molesini (il vincitore del Premio Campiello 2011 con “Non tutti i bastardi sono di Vienna“), che narra di come l’incontro con il libro della sua vita, l’Odissea, sia avvenuto per bocca di un pescatore analfabeta che la recitava a memoria.”

Storia insomma che possono accattivare quella fascia non poi così esigua di lettori che non disprezzano i libri ma che hanno bisogno di ricevere uno stimolo alla lettura, ad esempio quell’1,5 della popolazione che secondo le ricerche Istat, leggeva in passato ma che nel 2011 non ha aperto neanche un libro. Quella fascia di persone che non hanno un rapporto assiduo con la letteratura ma che non sono del tutto disinteressate ad essa, persone che seguono le trasmissioni della Dandini, o che apprezzano Corrado Augias o che magari non hanno mai letto un romanzo di Andrea Camilleri però sono incuriosite dal personaggio, o ad esempio persone che ascoltano e hanno amato Lucio Dalla, che pure ha contribuito al libro prima di venire a mancare. Insomma, quello di Romano Montroni è un modo delicato per frugare nelle vite di persone conosciute e stimate, costruendo in maniera indiretta dei consigli di lettura che possano stimolare sia i lettori più forti sia quelli più occasionali.

E i non-lettori? In Italia sono più della metà della popolazione, è la percentuale più alta in Europa. Che ne facciamo? “Probabilmente”, riflette Montroni, “se anche ci fosse stato Totti sulla copertina del libro si sarebbero fermati un minuto davanti alla vetrina, e poi sarebbero passati oltre”. Continua nella seconda parte.

Anche ai supermercati interessano gli ebook. In Gran Bretagna il colosso Tesco acquisisce l’azienda dello scrittore Andy McNab.

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“Dimmi che ebook compri e saprò che spesa fai”: il colosso britannico della grande distribuzione Tesco entra nel mercato degli ebook acquistando dallo scrittore Andy McNab la piattaforma per la vendita di ebook Mobcast, fondata nel 2007. L’affare vale circa 5 milioni di euro ed è un altro passo per l’ingresso dell’azienda nel mercato digitale, segue infatti l’acquisizione di un servizio di radio via internet personalizzato WE7 nel giugno di quest’anno, e di Blinkbox, un fornitore di servizi video on demand, a fine 2011. 

Perché questa mossa di Tesco? Secondo quanto sostengono vari commentatori, l’ingresso nel mercato degli ebook o delle radio digitali è un modo per rafforzare il proprio core business – la vendita al dettaglio nei supermercati e ipermercati – acquisendo dati e informazioni digitali sulla propria clientela, in modo da poter piazzare meglio pubblicità e promozioni sui propri prodotti di prima linea, ovvero i generi di consumo al dettaglio. “Entrare nel ciclo dei consumi elettronici di una famiglia”, ha dichiarato ai media locali l’amministratore delegato di Tesco Digital Entertainment Michael Comish, “è un modo per capire con più regolarità che cosa consumano nel mondo reale. Tesco è un’impresa non conosciuta in Italia, dove non ha mai cercato di aggredire il mercato, ma presente in più di 13 paesi del mondo e dà lavoro a più di 500mila dipendenti.

Andy McNab (uno pseudonimo) è un ex militare dei corpi speciali britannici e scrittore di thriller di grande fama anche in Italia, dove viene pubblicato da TEA. Molti dei suoi libri sono stati tradotti in Italia da Stefano Tettamanti, famoso scrittore, agente letterario e traduttore dall’inglese di tanti autori thriller di livello, tra cui Michael Connelly e George Pelecanos. L’azienda diretta dall’autore, fondata nel 2007 insieme con l’attuale amministratore delegato Tony Linch, detiene al momento un catalogo di 130mila titoli in Gran Bretagna, disponibili per smartphone, e-reader e tablet. In più Mobcast offre un servizio cloud ai suoi utenti, che permette loro di costruirsi una libreria online non dovendo più, quindi, effettuare a tutti i costi il download del libro sul singolo dispositivo di lettura.

Mantova, al Festivaletteratura anche i Translation Slam. Daniele Petruccioli: “Quest’anno si presta più attenzione ai traduttori”.

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Il cruccio dei traduttori letterari, si sa, è quello di essere quell’anello invisibile della catena del libro, quella famosa vite che se la togli casca tutto, eppure è così piccola e nevralgica che non si vede, e puntualmente ci se ne dimentica. Bibliocartina.it ha intervistato oggi Daniele Petruccioli, traduttore letterario per importanti case editrici indipendenti italiane (Marcos y Marcos, Voland fra le altre), e a Mantova inviato speciale in qualità di moderatore dei Translation Slam, sorta di gare in cui due traduttori si confrontano su come hanno reso la versione italiana di un testo, lasciando all’applauso del pubblico il potere di decretare un vincitore. “I Translation Slam sono parenti dei nobili Poetry Slam, gare in cui ci si sfida nella recitazione di poesie”, ci ha raccontato Petruccioli, “e sono stati trasposti per la prima volta alla traduzione letteraria nel 1999 in Canada, in occasione del Blue Metropolis Montreal International Literary Festival. Successivamente sono stati replicati con grande successo anche a New York, Londra e altre città, e qui a Mantova questa del 2012 è la seconda edizione che si tiene, dopo quella dell’anno scorso.” L’idea di trasferire anche a Mantova i Translation Slam è stata di Laura Cangemi, riconosciuta traduttrice letteraria dall’inglese e dallo svedese nonché mantovana e organizzatrice storica del Festivaletteratura. L’anno scorso le lingue interessate alla competizione erano lo svedese e l’inglese australiano, quest’anno si è invece replicato  con lo spagnolo dell’autore Pablo D’Ors, e l’inglese americano dello scrittore per bambini Louis Sachar. A competere sono stai chiamati ieri 6 settembre Ileana M. Pop e Marco Stracquadaini, traduttori dei testi di D’Ors in italiano, e  per Louis Sachar la stessa Cangemi e Flora Bonetti, le due professioniste che lo hanno finora trasposto in italiano (lo Slam è in corso mentre scriviamo). Sponsor dei due eventi il sindacato dei traduttori editoriali Strade, per quello odierno, e ieri Insieme Salute,  mutua sanitaria che ha avviato un servizio di tutela anche per traduttori e scrittori, dedicato alla traduttrice Elisabetta Sandri scomparsa qualche tempo fa.

In che cosa consiste dunque, con precisione, lo Slam? “Ai traduttori viene dato, circa 10 giorni prima, un testo inedito dell’autore, che dovranno tradurre. Il giorno dello slam si sale sul palco e ci si confronta con la traduzione. In qualità di moderatore”, spiega Petruccioli, “sono stato l’unico che ha avuto la possibilità di leggere entrambe le traduzioni, mentre i due concorrenti arrivano alla gara senza conoscere la versione dell’altro. A quel punto, inizia la lettura e la conversazione delle due versioni. Nel caso di Pablo D’Ors, ieri, il brano in gara era il frammento del libro che sta attualmente terminando di scrivere, mentre per quanto riguarda Sachar, il testo è un racconto che gli è stato rifiutato da un editore americano perché considerato troppo truculento per essere adatto ai bambini. Sachar ha dunque scelto di metterlo a disposizione nostra. 

Lo slam di ieri”, prosegue Petruccioli, “ha potuto godere della buona conoscenza dell’italiano da parte di D’Ors, che ha interagito costantemente con i due traduttori e con il moderatore, rivelando  che l’ascolto delle versioni tradotte del suo testo gli era servito  per capire meglio ciò che lui stesso aveva scritto ma in modo istintivo e poco ragionato”. Proprio quello è d’altra parte uno dei compiti più ardui del traduttore, il dovere di meditare a lungo su ciò che spesso dall’autore è stato scritto frettolosamente, o per pura ispirazione momentanea, o pensando a qualcosa di diverso da ciò che apparentemente sembra. Al termine della tenzone”, continua il moderatore, “tutto si è concluso con un festoso applauso, senza decretare alcun vincitore. Come si può d’altra parte, voler scegliere tra due versioni tanto diverse? In ognuna, come spesso accade a riprova di quanto poco lineare sia l’arte del tradurre, ci sono soluzioni che nell’altra mancano, e viceversa. Il bello e il difficile del moderare un evento del genere è anche stimolare i traduttori al protagonismo, a voler spiegare il meglio possibile scelte e soluzioni, coinvolgendo anche il pubblico che ho trovato incredibilmente attento.”

A proposito di pubblico, chiediamo: come sono stati accolti finora gli Slam in termini di presenze, e in generale la presenza della letteratura tradotta al Festival? “Sono molto soddisfatto perché ieri abbiamo registrato il sold-out, coinvolgendo nella chiesa sconsacrata in cui si è tenuto l’evento giovani dai 27 ai 97 anni, persone che non davano l’idea di essere ‘del mestiere’ ma puri appassionati della letteratura. E anche i giornali locali hanno dedicato attenzione al nostro evento. Complessivamente, girando per Mantova ci si accorge facilmente di quanto i traduttori, e d’altro canto gli interpreti per gli autori stranieri che in alcuni casi coincidono con i traduttori che li hanno dati a conoscere, siano ovunque e siano un nervo indispensabile di questo Festival, ma quest’anno la loro visibilità è crescente, rispetto ad altri anni e ad altri eventi. Ad esempio, nel dibattito che ieri sera Patrizio Roversi ha animato sul libro di Miriam Toews “Mi chiamo Irma Voth” di Marcos y Marcos, (tradotto da Daniele Benati) l’interprete Marina Astrologo è stata protagonista a tutti gli effetti del dibattito, spesso tirata in ballo dall’autrice e dal presentatore. In altri anni e in altri eventi, ricordo ad esempio Il Salone del Libro di Torino di qualche anno fa, si era soliti utilizzare i traduttori come specie di robot automatici da interpretazione”.

Intervista a Marino Buzzi: il marketing dei libri, il peggior nemico della qualità. Sulla crisi del settore “oggi paghiamo accordi commerciali sbagliati di qualche tempo fa, tra case editrici e librerie”

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Dopo l’intervista alla Libreria Croci di Varese di ieri, oggi intervistiamo Marino Buzzi, libraio, blogger e autore letterario, un punto di riferimento per tanti librai, editori o semplici appassionati del mondo dei libri su internet, dove il suo blog Cronache dalla libreria raccoglie ogni giorno riflessioni dolci-amare o semplici racconti della vita di un giovane libraio.

36 anni, emiliano, Marino Buzzi è anche autore di due libri, Confessioni di un ragazzo perbene edito da Luciana Tufani Editrice e per Ugo Mursia Editore il titolo Un altro bestseller e siamo rovinati, “diario semiserio di un libraio”. In questa intervista gli abbiamo dato del tu, visto che siamo più o meno coetanei. 

Bibliocartina (D): Sei un giovane libraio che il suo mestiere lo fa tutti i giorni, però lo racconti anche, nel tuo libro e nel tuo blog: quando e perché hai scelto di diventare libraio, e come definiresti oggi la tua scelta? Come mai hai deciso di raccontarla utilizzando proprio quei mezzi?

Marino Buzzi (R): Quello di diventare libraio era un sogno che avevo da bambino, per molti anni ho lavorato come cuoco e, allo stesso tempo, studiato per potermi laureare. Dopo la laurea ho avuto la grande fortuna di trovare impiego in una libreria come magazziniere. L’ho fatto per circa due anni poi mi sono trasferito a Bologna e ho cominciato a lavorare in sala come addetto al settore saggi. Nonostante tutto quello che scrivo sul mio blog e nel libro sono felice della mia scelta, quello del libraio rimane un lavoro bellissimo anche se non so per quanto ancora la mia figura professionale esisterà. Con il passare del tempo tutte le speranze e le illusioni che avevo su questo mestiere sono state messe a dura prova così ho deciso di cominciare a raccontare la “quotidianità” di noi librai, di farlo in modo ironico e divertente, attraverso il mio blog. Alla casa editrice Mursia lo hanno letto e mi hanno proposto di fare un libro, è nato così Un altro best seller e siamo rovinati.

D: Il tuo blog è frequentato quotidianamente da altri librai indipendenti che nelle tue parole riconoscono anche i loro problemi o le loro stesse riflessioni. Che idea ti sei fatto del clima attuale tra i librai e nelle librerie italiane? Ci sono momenti, occasioni in cui potete incontrarvi anche dal vivo e scambiarvi opinioni, trucchi del mestiere, speranze o inquietudini per il futuro? Oppure siete una categoria frammentata?

R: Sul blog si incontrano tante categorie professionali, ci sono anche molti editori ed editrici (Voland, Luciana Tufani, Barbes ecc…) che lo seguono e ci sono anche moltissimi/e  lettori e lettrici  accaniti/e, è la cosa che mi dà più soddisfazione vedere che siamo tutti/e nella stessa barca che chi ama la letteratura vive, quotidianamente, le stesse problematiche che riporto sul blog. Il clima nelle librerie, così come nelle case editrici, nella distribuzione ecc., non è dei migliori. In parte per colpa della crisi economica che ha colpito – in un paese in cui si legge pochissimo – l’oggetto libro in modo piuttosto violento. Ma temo non sia solo colpa della crisi. Sono state fatte scelte estremamente sbagliate, a mio avviso, a livelli differenti della piramide libraria. Oggi stiamo pagando le scelte errate di un passato non troppo lontano. Per quanto riguarda le relazioni fra librai esistono diverse associazioni che, temo però, ormai sono diventate portavoce solo di una fetta di mercato. Poi ci sono le scuole librai che ti permettono di vivere in una specie di realtà onirica, nel senso che viene mostrata una realtà lontana anni luce da quella che poi noi librai viviamo quotidianamente.

D: A quali scelte sbagliate ti riferisci, in particolare?

R: Agli accordi commerciali fra case editrici e librerie che hanno permesso di far entrare in quantità enormi prodotti dallo scarso valore culturale, pompati in maniera quasi ridicola grazie al marketing, alle vetrine comprate, alle recensioni “tutte positive” e molto altro. Ma anche all’idea che un libraio preparato, invece che essere un valore per le librerie, è un problema a causa dei costi. Meglio fare contratti a chiamata utilizzando personale non qualificato. Avevo un’amica che lavorava per una famosa catena di librerie (che è anche casa editrice e distributore) le facevano contratti di mese in mese e l’avvertivano il giorno prima della scadenza. Oggi lavora lavorare all’estero.

D: “Quello del libraio è un mestiere che in quanto tale sta scomparendo”, ci ha detto ieri Rosa Addeo della Libreria Croci di Varese. “Oggi possono arricchirsi vendendo libri anche coloro che non ne hanno mai letto uno in vita loro”, la vendita di libri è un commercio del tutto simile a quello di qualsiasi altro prodotto, senza alcuna specificità aggiunta. Prova ne sia, delle sue parole, che colossi della vendita di libri online come Amazon smerciano qualsiasi tipo di prodotto, dalle scarpe agli stuzzicadenti. Sembra che del libraio si possa fare del tutto a meno, o che sia diventato poco più che un commesso, e non appunto un conoscitore di libri che allestisce il suo spazio, consiglia, sceglie la sua offerta, cura la sua clientela. Tu come vivi questa trasformazione in atto, condividi che sia davvero questo ciò che avviene, prima di tutto, e credi che ci sia ancora un futuro per il ‘mestiere’ del libraio?

R: Mi trovo, purtroppo, tristemente d’accordo con la collega Rosa Addeo. Ha ragione, il nostro è un mestiere che sta già scomparendo. Questo accade a causa delle stesse scelte dirigenziali sbagliate a cui accennavo prima. La verità è che il lavoro in libreria è un lavoro prettamente “umano”, il libraio o la libraia non smettono mai di essere tali. Vendere libri non è come vendere un paio di scarpe, non devi solo conoscere un prodotto, lo devi amare e devi amare ogni cosa che riguarda la cultura. Devi essere sempre pronto, conoscere la quotidianità e gli avvenimenti tenerti informato sul cinema, il teatro, la musica. Oggi molti di noi non riescono nemmeno più ad andare alle fiere del libro, ci vengono date sempre meno informazioni mentre i prodotti che vengono immessi sul mercato sono sempre di più. Pensano che basti mettere i libri in ordine di autore, sacrificando anche i classici, per vendere. Ma non è così. Il risultato è che in libreria entrano sempre più spesso persone disinteressate al libro mentre le lettrici e i lettori forti vanno su Amazon o IBS, fanno le proprie ricerche in internet e si arrangiano. Stiamo distruggendo quel po’ di amore per la letteratura che ancora esiste. La cosa più grave è che ormai “l’oggetto” libro è inteso solo come oggetto economico e non come oggetto culturale. Vendere una scatola di pennarelli o vendere un libro, ormai, è la stessa cosa. Non si da più nessun valore al libro, basti vedere quello che arriva in libreria. Molti editori non guardano più alla bellezza della storia ma alla sua vendibilità. E non importa se il libro fa pena, per vendere basta un buon marketing.

D: Se dovessi definirli in breve, quali credi che siano i tratti salienti del mestiere del libraio?

R: Preparazione, cultura, curiosità, gentilezza, umiltà e amore per il libro.

D: Parliamo per un attimo dei bestseller che hanno fatto ‘boom’ negli ultimi anni. Questo è stato l’anno delle 50 sfumature di grigio, rosso, e nero, e conseguenti parodie uscite praticamente in contemporanea con i libri. Molti librai ritengono che il successo di questa trilogia sia stato interamente pilotato dall’alto, pompato con pubblicità e varie pressioni sul marketing anche nei riguardi delle librerie. E’ pur vero, tuttavia, che il precedente boom letterario che ha fatto scalpore, quello della saga di Twilight, ha avuto una dinamica differente. I primi libri sono stati accompagnati da una promozione modesta, e l’attenzione sul fenomeno è cresciuta tramite il passaparola delle giovani lettrici in particolare, si è dovuto aspettare il terzo volume della saga perché i vampiri di Twilight fossero sulla bocca di tutti, oltre che al cinema. Inoltre la quadrilogia più appendici ha richiesto il suo tempo per essere pubblicata, mentre nel caso di 50 sfumature abbiamo 3 libri, dal titolo pressoché identico, di una supposta trilogia, che escono contemporaneamente. In base alla tua esperienza di professionista che idea ti sei fatto di questi ‘boom letterari’, quali sono le dinamiche che li motivano, e che effetti hanno complessivamente sull’universo dei lettori e dell’editoria, almeno in Italia?

R: 50 sfumature fa parte del prodotto “cotto e mangiato”; lo si stampa, si crea curiosità, si fa pubblicità, lo si butta sul mercato e poi si passa al nuovo genere. Per Twilight è andata diversamente principalmente perché le lettrici e i lettori hanno amato i personaggi e la storia (che io trovo piena di incredibili scopiazzature ma, magari, un ragazzo di 16 anni che non ha grosse letture alle sue spalle non può saperlo). L’autrice ha seguito il mito dell’eterna bellezza, hai questi personaggi belli, tormentati, eterni che si struggono d’amore. Non sono “assassini” perché non bevono il sangue umano ma quello animale  (e quindi sono molto più simili a noi umani anche se, da vegetariano, la cosa mi fa ugualmente orrore), non hanno paura delle croci, non muoiono se esposti al sole al massimo “brillano”. Insomma sono personaggi ghiotti per inguaribili romantici. Lo aveva già fatto Anne Rice con intervista col vampiro, aveva sovvertito le regole classiche che volevano i vampiri creature orribili, assetate di sangue, che morivano con un paletto conficcato nel cuore o alla luce del sole. Il povero Bram Stoker non interessa più, il suo Dracula, anche se rimane un capolavoro della letteratura, non interessa i giovani in cerca di “bellezza” e “vita eterna”.

D: Sei il Noé dell’editoria italiana, ma con la tua arca puoi salvare solo 3 cose: quali sono le tre cose che salvi?

R: I libri. I librai. I clienti.

D: Quali sono invece 3 cose dell’editoria che butteresti senza scrupolo giù dalla rupe?

R: Gli addetti al marketing. I direttori commerciali. Alcuni editori.

D: Come ultima domanda vorrei chiederti: in questo momento a Mantova c’è un importante evento in concorso che festeggia la letteratura. L’edizione di quest’anno del Festivaletteratura è senz’altro significativa, sia come reazione di un’intera città al terremoto che solo pochi mesi fa ha colpito l’Emilia e anche il mantovano, sia per far fronte alla crisi attuale dell’editoria e in generale della lettura. Per noi di Bibliocartina che (nostro malgrado, poiché non abbiamo potuto partecipare solo per cause di forza maggiore) osserviamo dal di fuori il programma, la sensazione è tuttavia quella di un evento un po’ bulimico – come d’altra parte è tradizione, a Mantova – che compensa con la quantità di offerta la scarsa qualità di riflessione e di proposta culturale attuale. Non abbiamo trovato, in cartellone, alcun evento che ci ha fatto pensare ‘imperdibile’, ma tantissimi piccoli eventi “carini” o mediamente “interessanti”. Tu che sei anche un autore letterario, che opinione ti sei fatto di eventi come questo, e come si legano secondo te alla realtà della letteratura attuale?

Credo che qualsiasi iniziativa culturale vada presa sul serio visto il preciso momento storico che stiamo vivendo. Tuttavia penso che anche molte di queste iniziative, così come molti premi letterari, si siano svuotati di significato. Oggi, purtroppo, non è la qualità del prodotto a spingere il prodotto stesso, ma il marketing.

Redattori a 3,5 euro l’ora? Tutto normale è il “servizio civile”. Anzi no, non lo è.

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In questi giorni in rete circola un annuncio di ricerca di redattori e addetti stampa per collaborazione “con associazione attiva nel panorama politico italiano ed internazionale”, come si legge sul portale Bakeca.it e su altri portali specializzati, per una retribuzione di 430 euro nette mensili e 30 ore di lavoro la settimana (equivalenti a 3,5 euro nette l’ora).  Una cifra che farebbe saltare dalla sedia in molti, e che invece, è purtroppo del tutto normale, anzi giustificata a quanto pare, se la collaborazione avviene all’interno del Servizio Civile nazionale. Questo almeno, è ciò che abbiamo scoperto contattando l’associazione “Esperanto” Radikala Asocio (ERA) che gestisce il portale www.democrazialinguistica.it; “per nuovi progetti che partiranno a ottobre”, ci ha spiegato un addetto dell’associazione contattato telefonicamente da Bibliocartina, ERA “cerca in totale 18 giovani di 28 anni al massimo” da impiegare appunto come addetti stampa e/o redattori, “per un progetto in parte lavorativo e in parte formativo”. Quanto all’entità del compenso, “purtroppo questi sono i soldi stanziati dal Servizio Civile e non possiamo offrire di più”.

Scopriamo, navigando il sito, che ERA costituisce una “associazione costituente del Partito Radicale nonviolento, transnazionale e transpartito”: una Onlus di derivazione politica, in poche parole, per quanto di un partito ‘transpartito‘. Il progetto cui fa riferimento l’addetto è evidentemente quello delle “Italianiadi“, un progetto di animazione culturale di ERA ideato in collaborazione con la società Dante Alighieri, che punta alla valorizzazione della lingua italiana e che fa appunto parte dei progetti sponsorizzati dal Servizio Civile nazionale per il 2012. Peccato, facciamo notare al gentile addetto, che negli annunci che si trovano in rete non si faccia alcuna menzione di nessun Servizio civile, anzi si specifichi un normalissimo ‘contratto di un anno’L’addetto non risponde a questa considerazione, anzi reagisce con un lungo silenzio. Forse è dovuto al fatto che i nominativi delle 18 persone selezionate per il Servizio Civile sono già stati addirittura pubblicati da tempo?  E che le modalità di selezione dei volontari adoperate dal Servizio Civile, tanto per la formazione delle prime graduatarie quanto per un successivo recupero dei posti, non prevedono la pubblicazione su portali di annunci generici come Bakeca.it?

Siamo di fronte a ciò che sembra a prima vista, ovvero un comune annuncio per una collaborazione sottopagata? Gli annunci di collaborazione pubblicati dal portale Democrazia Linguistica hanno qualcosa a che fare, o no, con le graduatorie del Servizio Civile? In attesa di eventuali chiarimenti e di fronte a quanto ci è stato detto o non detto dagli addetti contattati telefonicamente, non possiamo che basarci su quanto leggiamo con i nostri occhi: c’è un’associazione che cerca persone retribuite a 3,50 euro l’ora per un anno per svolgere una mansione specialistica di redattore e/o di addetto stampa; un ruolo per il quale, in base a un contratto regolare CCNL, si dovrebbe percepire come minimo il triplo, con contributi previdenziali pagati, ferie e malattie retribuite, assicurazione sul lavoro e magari anche una vera redazione di professionisti con i quali confrontarsi attorno a sé.

E se alla fine saltasse fuori che è uno stage? Ad aggiungere confusione alla confusione, nel citato annuncio di Bakeca.it alla voce “contratto” della scheda annuncio c’è scritto proprio stage/tirocinio. Della cosa non si fa invece alcuna menzione su Infocity, che ha pubblicato lo stesso annuncio (lettura a pagamento); su tutti gli annunci ad ogni modo, nel testo interno si legge la stessa cosa:  ‘contratto di 12 mesi’. Da una parte, tuttavia, si parla di 3 figure, dall’altra di una sola.

San Felice sul Panaro: riapre la biblioteca comunale dopo il terremoto. “Questa è nata nel 1873 come biblioteca popolare, e oggi è di nuovo la popolazione a sostenerne la rinascita”.

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Articolo di Sara Crimi – Immagini di Claudio Lanzoni

Si chiama BiblioPark, ed è il nuovo progetto della biblioteca comunale di San Felice sul Panaro, uno dei comuni colpiti dal sisma che ha devastato la Bassa emiliana lo scorso maggio. L’appuntamento era stato fissato per sabato 1° settembre, ma è stato annullato per pioggia, il che tuttavia non ha impedito a una quindicina di persone di presentarsi lo stesso per un saluto e due chiacchiere. Ieri si è replicato: inaugurazione ufficiale con l’Assessore alla Cultura, Giulia Orlandini, la bibliotecaria Cristina Picchietti e la scrittrice Barbara Baraldi, che pubblica – fra gli altri – con Mondadori e Einaudi ed è molto amata dai lettori italiani, europei e americani del genere fantasy e noir.

Le persone arrivano alla spicciolata, si guardano intorno, prendono posto sulle sedie sistemate sotto al gazebo: si respira un’aria familiare, si conoscono tutti, è evidente che sono felici di ritrovarsi e ritrovare un punto di incontro importante.

Scambio due chiacchiere con Giulia Orlandini. Di lei mi colpiscono anzitutto la giovane età e la determinazione. Mi spiega che la biblioteca, un edificio in cemento armato composto da un auditorium e dalle sale con le raccolte, è stata parzialmente lesionata nei piani superiori e che si stanno facendo le necessarie valutazioni per la messa in sicurezza. È presto per parlare di preventivi, denaro e tempi, ma i progetti ci sono e il Comune è intenzionato a portarli a termine al più presto, perché, in una cittadina come San Felice che ha perso tutti i punti di riferimento culturali (sono crollati il teatro e la Rocca, dove si organizzavano eventi musicali e mostre di pittura e fotografia, e molto altro) la biblioteca rappresenta un luogo cruciale per l’aggregazione, l’incontro, lo studio e il tempo libero per tutta la popolazione (la biblioteca aderisce al progetto “Nati per leggere” rivolto ai bambini, le sue sale di lettura e l’emeroteca erano frequentate dagli adulti, mentre i giovani e gli studenti si avvalevano del servizio di  consultazione e prestito, prestito inter-bibliotecario ed ebook). All’indomani del sisma del 20 maggio, spiega ancora Orlandini, la città ha vissuto un mese “in trincea” e tutti si sono impegnati al massimo per riorganizzare le necessità essenziali della cittadinanza; gli impiegati comunali sono stati comandati al COC, il Centro Operativo Comunale, spesso in ruoli diversi da quelli consueti. Non per questo si è persa di vista la situazione della biblioteca, tanto che l’Assessore si è rivolta a due volontari che avevano costruito una casetta di legno per l’AUSER e ha chiesto loro di realizzarne un’altra. Oggi, grazie al lavoro gratuito di queste due persone, nel giardino antistante l’auditorium (da qui, il nome BiblioPark) sorge un’accogliente casetta di legno verniciata e decorata.

Con Barbara Baraldi parliamo di libri, di memoria, di luoghi che non esistono più. Ci parla del rapporto di sincerità emozionale con i lettori, che riconoscono nei suoi libri se stessi e i propri riferimenti geografici, di come, a seguito del terremoto, si sia attivata una fitta rete di solidarietà mossa dal sentimento di “comunanza”, che tutti spiegavano con la frase “sarebbe potuto accadere anche a noi”. Per Barbara, la scrittura è il simbolo di qualcosa di più grande, e di rinascita: ci racconta di come abbia revisionato le bozze del suo ultimo romanzo di notte, in auto o in tenda, di come il lavoro di scrittrice l’abbia aiutata a elaborare l’esperienza traumatica, proprio come accade con i lettori che, oggi, si riappropriano della loro biblioteca. 

La parola passa alla bibliotecaria Cristina Picchietti che, visibilmente emozionata, riassume in poche frasi gli ultimi mesi: ringrazia tutte le persone che l’hanno aiutata, a partire dall’Assessore che le ha concesso di lasciare il lavoro al COC per occuparsi del recupero del patrimonio librario, i volontari che, ogni giorno, hanno lavorato con lei al reperimento dei cartoni nei quali classificare i libri, i costruttori della casetta di legno, i colleghi del CEDOC che hanno fornito un computer. La biblioteca, ci spiega, nasce nel 1873 come “biblioteca popolare”, dalle donazioni dei cittadini, non stupisce dunque che, a quasi un secolo e mezzo dalla sua fondazione, siano di nuovo i cittadini a sostenere la “loro” biblioteca. Una volta recuperato il patrimonio librario, Cristina l’ha catalogato secondo il sistema Dewey e riposto in scatole di cartone, che ha sistemato nell’auditorium. Mi porta a vederlo, e resto stupefatta davanti a questo teatro con i libri al posto degli spettatori. Mi indica una scatola e mi racconta che pochi giorni prima una ragazzina è andata a chiedere un Flaubert, “lo devo leggere per la scuola”; adesso ci vuole circa mezzora per reperire un volume, ma la studentessa è stata fortunata, perché il libro che cercava “era sopra alla pila”. Nella casetta di legno è riuscita a sistemare 3000 volumi, una rappresentanza di ogni sezione (narrativa, ragazzi, ricerca…); mi racconta che, quando le hanno comunicato che avrebbe avuto 16 metri quadri a disposizione, ha tracciato delle linee sul pavimento per rendersi conto dello spazio effettivo e ha cominciato a fare le prove di sistemazione, come un geometra alle prese con un progetto. “La biblioteca”, conclude, “non è solo un contenitore di libri, è un luogo di incontro importante, e i cittadini hanno dimostrato di averla a cuore”.

Intervista a Romano Montroni – Parte II: “Il mestiere del libraio è tutt’altro che finito, finché si vorranno vendere libri non si potrà mai fare a meno di librai capaci”

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Pubblichiamo la seconda parte dell’intervista a Romano Montroni autore di “I libri ti cambiano la vita” per Longanesi Editore, dopo la prima parte già pubblicata stamattina, che verteva innanzitutto sul libro presentato questa mattina anche al Festivaletteratura di Mantova. Oltre al Montroni autore del libro, abbiamo infatti interrogato anche il Montroni libraio, da più di 10 anni fra l’altro docente anche della Scuola per Librai Umberto ed Elisabetta Mauri dal 2006 consulente per le Librerie Coop, catena di librerie legata al gruppo della grande distribuzione, presente al momento soprattutto nel Nord Italia.

C’eravamo lasciati con un interrogativo. Come fare per instillare nei non-lettori, così numerosi in Italia,  il gusto della lettura? Montroni ha le idee chiare sul tema. “L’abitudine, il gusto, il bisogno di leggere si acquisiscono da bambini, è la scuola il primo e fondamentale veicolo di amore per la lettura. Quella che occorre è una vera e propria didattica per il riconoscimento del valore dei libri, eppure chiediamoci: quante sono in Italia le biblioteche scolastiche in uso? Se non c’è una biblioteca funzionante neanche al Liceo Galvani di Bologna, che è uno dei licei più storici d’Italia dove ha studiato addirittura Giosué Carducci, che cosa dobbiamo immaginare che avvenga nel resto delle scuole italiane?” Non va meglio nelle famiglie, d’altra parte: “i bambini e i ragazzi hanno bisogno di crescere tra i libri, una casa senza librerie è una casa senza stimoli per un bambino.

La crisi dei lettori e della lettura in Italia si intreccia inevitabilmente a quella dell’editoria, eppure Montroni non condivide il pessimismo vigente sul destino segnato dei rumori del libro. Anche a lui infatti abbiamo chiesto se è vero che il mestiere del libraio sia destinato a scomparire, ma la risposta netta è “no, affatto. Al contrario, le vicende anche recenti del mercato librario ci hanno insegnato che il mestiere del libraio, checché si faccia leva oggi sulla tecnologia, è insostituibile e lo sarà sempre, fin quando si vorranno vendere libri.” Montroni cita il caso della catena di megastore britannica Waterstones, proprietaria in Gran Bretagna e in Europa di circa 320 punti vendita per un totale di 4.500 dipendenti. “Waterstones fallì quando fu acquisita da persone che trattavano i libri esattamente come un prodotto qualunque”, racconta l’autore bolognese, “e viceversa ha iniziato a riscattarsi in poco tempo da quando il magnate russo che l’ha acquisita – il miliardario Alexander Mamut, ricco investitore nell’industria dei media internazionale – ne ha affidato la direzione a un libraio indipendente specializzato, che a Londra era titolare di 6 librerie indipendenti. James Daunt”, questo il nome del libraio, “ha puntato su quattro elementi fondamentali”, spiega Montroni: “in primo luogo, la formazione dei librai, una formazione permanente. Un libraio non andrebbe mai confuso con un commesso d’abbigliamento, un libraio è un artigiano che confeziona i suoi negozi con un lavoro più simile a quello di un sarto, o se volete di un salumaio d’altri tempi, che non certo a quello di un addetto cassa.”

In secondo luogo, alla base del riscatto di Waterstones, azienda che Montroni considera un ‘case study‘ da manuale per il mercato librario, c’è stato “il ricambio dell’intera classe dirigente alla ricerca di una maggiore competenza professionale. In terzo luogo, la cura dell’assortimento: nessun punto vendita è uguale a un altro, in base alla città o al quartiere in cui si trova l’offerta di libri cambia, ed è giusto che sia così. Le librerie tutte uguali non funzionano. In quarto luogo infine, il libraio nei loro punti vendita è un suggeritore – qui il discorso si riallaccia dunque all’intervista pubblicata stamattina – che niente meno, scrive su dei bigliettini a mano i suggerimenti sui libri da leggere.”

Il caso Waterstones spiega, per Montroni, che non c’è affatto contraddizione tra un approccio “artigianale” al libro e alla vendita dei libri e cifre e volumi di vendita da colossi economici.  “Tutt’altro, solo lo spirito imprenditoriale e l’intraprendenza creativa oggi possono salvare le librerie. I librai indipendenti generalisti che si accontentano di lasciare i libri in vendita in modo passivo, quelli sì hanno fatto il loro tempo. Bisogna imparare a usufruire delle innovazioni anche tecnologiche che sono emerse in questi anni – e che ad esempio permettono a un  libraio di avere sott’occhio l’assortimento in modo ben più rapido e preciso di un tempo – senza rinunciare allo spirito originario del mestiere.

Questo approccio è lo stesso, dice Montroni, “che utilizziamo nelle Librerie Coop per cui da qualche anno sono consulente. Formazione permanente, non meno di una volta al mese, assortimento personalizzato, e valorizzazione della forza vendita. Guai a chiamarli commessi: sono librai, professionisti a tutti gli effetti. E i numeri ci danno ragione: se il settore scende di non meno del 10%, nell’ultimo periodo presso le Librerie Coop le vendite sono aumentate del 3%.”

Considerazioni, quelle di Montroni, per tanti versi affini a quelle di Marino Buzzi e Rosa Addeo già pubblicate nei giorni scorsi, ma con una sfumatura di ottimismo e di fiducia in più nel futuro del loro mestiere. Ad ascoltarlo non sembra né grigia, né nera, né rossa.

Varese, la storica libreria Croci chiude e punta tutto sull’online. “Il nostro mestiere sta scomparendo, ormai si possono vendere libri senza averne mai letto uno”.

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Una libreria storica che chiude i suoi locali e decide di dedicarsi alla sola vendita online: succede in questi giorni a Varese ed è la Libreria Croci, nata negli anni ’50 nel centro della città lombarda e da 11 anni gestita da Rosa Addeo e altri due soci. “Con i nostri libri eravamo presenti su internet già da due o tre anni”, ha spiegato la Addeo a Bibliocartina.it, “usando questo canale in particolare per i volumi usati o fuori catalogo. Il commercio online della libreria, tramite ebay o altri siti specializzati per la vendita di libri usati quali Maremagnum.com o Comprovendolibri.it  sta dando buoni risultati, mentre così non avveniva più con il negozio, che in particolare nell’ultimo anno ha registrato un calo forte di clientela dovuto alla crisi e al fatto che come sappiamo, quando mancano i soldi è la cultura è una delle prime voci da cui si taglia. Ragionando fra i soci abbiamo dunque deciso di tagliare i tanti costi di gestione relativi al negozio, e re-imparare, per certi versi, il nostro mestiere, dedicandoci tutti e tre allo spazio di vendita online, mentre prima lo faceva soltanto uno di noi”. Un cambiamento che “non abbiamo vissuto tutti nello stesso modo, c’è chi di noi è più concentrato sul domani, chi vive questa chiusura con maggiore mortificazione. Di certo”, spiega Rosa Addeo, “il contatto con le persone per un libraio che ama il suo mestiere è importante. Si tratta appunto di un mestiere, che richiede competenza e informazione per poter informare; un tempo era impensabile essere dei bravi librai senza aver letto il più possibile ciò che si vendeva e si consigliava, oggi siamo arrivati al paradosso che possono vendere libri anche persone che non ne hanno mai letto uno in vita loro“, commenta la titolare. Un mestiere intero, dunque, quello del libraio, che si sta perdendo o minaccia di perdersi per lasciar posto al commercio impersonale. “In realtà è anche il mercato dei libri che sta diventando sempre più impersonale; le librerie sono luoghi ogni giorno più uguali, tutti splendenti e luminosi, tutti con le stesse pile di titoli. La scelta di uniformarsi è certamente imposta dai grandi editori con le librerie di catena, ma coinvolge tutti gli anelli: da una parte ci sono i grandi editori-distributori-librai che godono di immensi vantaggi, vantaggi che la legge Levi sul prezzo del libro – ricorda la Addeo – non ha scalfito, visto che gli sconti, come si nota bene facendo un giro in libreria, li si continua ad applicare come si vuole; dall’altra però ci sono gli stessi lettori che sembrano sempre più condizionati dalla pubblicità e a volte, inspiegabilmente, entrano in libreria senza curiosità per ciò che hanno attorno, poco disposti a farsi consigliare un titolo, chiedono solo la hit del momento. Non farsi condizionare da queste tendenze di mercato e di gusti  continua la Addeo – è molto complicato. Come librerie indipendenti non abbiamo quasi alcun potere di contrattazione nei confronti degli editori. Noi ci abbiamo provato a seguire la nostra strada, però facendo fatica. D’altro canto, per tante altre librerie la scelta di uniformarsi non ha pagato di più: hanno perso la loro specificità e alla fine hanno chiuso o stanno chiudendo comunque”.

Il cambiamento in senso sempre più omologato dei gusti e della clientela, l’assottigliamento evidente del bacino dei lettori in Italia, però d’altro canto le possibilità aperte dalle nuove tecnologie hanno suggerito alla libreria Croci non di chiudere, ma di rinnovarsi radicalmente, cambiando modo di lavorare e creandosi un concetto di clientela del tutto nuovo: “attraverso il nostro negozio ebay vendiamo volumi usati o fuori catalogo, non libri antichissimi ma collezioni di volumi ad esempio degli anni ’30, e li spediamo non soltanto in tutta Italia o in Europa ma in tutto il mondo; ci contattano fin dal Giappone per acquistare i nostri libri e spesso sono non soltanto studiosi ma anche biblioteche o istituzioni estere; c’è un mercato di nicchia del libro usato e fuori catalogo che è internazionale, che è in salute; non va informato o consigliato perché sa già quello che cerca, ma va comunque servito, anche se in modo diverso da prima. Puntiamo su di loro per continuare a crescere”.

“Penna e spada”: nuova rubrica di Bibliocartina sulle condizioni lavorative del settore editoriale e giornalistico

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Non staremo a darvi troppe spiegazioni sul perché di una rubrica come questa: le spiegazioni, più che altro, le chiederemo a coloro che hanno il coraggio di offrire posizioni di lavoro giornalistico a 3,5 euro l’ora. E no, non pubblicheremo annunci di lavoro; il nostro intento su Bibliocartina è creare informazione e tutt’al più intrattenimento riguardo al mondo dei libri. Tuttavia, proveremo a fare ciò di cui riteniamo ci sia più bisogno: non daremo per scontato e non prenderemo per buono ciò che in giro viene offerto, proveremo a squarciare veli e ad andare a scandagliare le ragioni di certe realtà. A presto per i primi articoli, e se avete segnalazioni da fare, scrivete pure a redazione @ bibliocartina.it.