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FNAC, oggi in Italia tutti i negozi chiusi. “Adesione totale dei dipendenti, l’azienda pensa soltanto a salvare l’immagine del PPR Group presso le istituzioni, noi ancora senza una risposta”.

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Oggi 5 ottobre la pressoché totalità dei dipendenti FNAC in Italia (circa 600 persone) sciopera contro il silenzio dell’azienda e del gruppo cui fa capo, il PPR Group diretto da François-Henri Pinault, a fronte di annunci di dieci mesi fa stando ai quali tra meno di due mesi i negozi FNAC dovrebbero presumibilmente chiudere in Italia, e i dipendenti perdere il lavoro. “Siamo giunti allo sciopero dopo un mese intero di sit-in e richieste gentili in tutta Italia, cui l’azienda ha risposto con il silenzio assoluto nei confronti dei dipendenti”, ha dichiarato a Bibliocartina.it Giuseppe, un lavoratore FNAC di Milano. “Quel che è peggio, nei confronti di 20 persone che sfilavano davanti al negozio Gucci (parte dello stesso PPR Group) lo scorso 19 settembre a Milano, l’azienda ha chiamato la Digos, l’Amministratore Delegato FNAC intanto sta girando l’Italia facendo pubbliche relazioni nei confronti delle istituzioni per salvare l’immagine del Gruppo PPR, e noi veniamo bellamente ignorati, nonostante i sindacati avessero chiesto una risposta entro il 30 settembre. Perché l’amministratore delegato non viene a parlare con noi?”.

I presidi di sciopero di stamattina si tengono a Milano (dove sono convogliate anche Genova e Firenze), a Torino, a Verona, Napoli e Roma. L’immagine è tratta dal gruppo Facebook Salviamo Fnac attraverso il quale in questi mesi i lavoratori stanno raccogliendo solidarietà e raccontando le loro vicende e la loro lotta.

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Google, accordo con gli editori americani per la pubblicazione in digitale delle opere fuori stampa. “Ma l’infrazione del diritto d’autore rimane”, e la class action degli autori americani contro il colosso di Mountain View va avanti

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Google e l’Association of American Publishers, l’associazione degli editori americani, hanno raggiunto un accordo amichevole per la pubblicazione in digitale sulla piattaforma Google Play delle opere fuori stampa ma tuttora coperte da diritto d’autore. L’accordo chiude una disputa lunga sette anni, iniziata quando Google avviò la cosiddetta digitalizzazione delle Biblioteche sul portale Google Books, includendo però in tale progetto anche opere editoriali fuori stampa ma coperte dal diritto d’autore, e quindi soggette a restrizioni nella pubblicazione. In realtà “la questione dell’infrazione al diritto d’autore da parte di Google non viene affatto risolta da questo accordo”, come ha afferma Paul Aiken, direttore dell’associazione Authors Guild che per anni ha affiancato gli editori nella causa contro Google. “A Mountain View (la sede di Google) si continua a far profitto senza versare un centesimo di diritti agli autori”. La class action intentata dagli autori per l’infrazione dei diritti d’autore da parte di Google va quindi avanti, mentre con gli editori l’accordo raggiunto prevede che saranno gli editori a scegliere se mantenere o meno sulla piattaforma le proprie opere fuori stampa e coperte dal diritto d’autore, e se sì, riceveranno una copia digitalizzata dell’opera a carico di Google che sarà in vendita tanto sulla nuova piattaforma Google Play, quanto sugli altri canali che gli stessi editori disporranno.

Per gli editori che hanno partecipato alla causa – McGraw-Hill, Pearson, il gruppo Penguin, John Wiley & Sons e Simon & Schuster – il vantaggio dell’accordo sta nella possibilità di ricevere gratuitamente il lavoro di digitalizzazione di opere fuori commercio che probabilmente non sarebbero mai divenute eBook se non fosse stato per Google. Per Google, si allarga invece il parco libri commercializzabili su Google Play e soprattutto, si ottiene accesso a quelle opere da una parte fuori commercio, e dall’altra coperte dai diritti. I libri compresi in questo accordo saranno disponibili per il 20% in anteprima su Google Play, e quindi messi in vendita.

L’accordo sostanzialmente non interviene, dal punto di vista legale, sull’infrazione da parte di Google del diritto d’autore, che è la questione che sta più a cuore agli autori. Certo è che se finora autori ed editori rappresentavano sostanzialmente uno stesso fronte della causa contro Google, oggi tale fronte appare più spaccato, e se gli editori dovessero far mancare il sostegno nel prosieguo della causa all’Authors Guild, dimostrare che Google ha sfruttato per anni opere coperte dal diritto d’autore senza versare un centesimo ai titolari del diritto potrebbe risultare più difficile per gli autori. Il tema è peraltro ulteriormente reso difficile dalla spinosa questione delle “opere orfane”, quelle opere coperte da diritto d’autore ma i cui titolari risultano irreperibili, nonostante tanto le case editrici quanto gli uffici pubblici (per esempio il Copyright Office statunitense, sorta di corrispettivo dell’italiana SIAE) dovrebbero occuparsi di tenere costantemente aggiornati i registri dei detentori di diritti d’autore.

Rapporto Censis sui consumi mediatici: i lettori di ebook crescono dell’1% nell’ultimo anno ma calano rispetto al 2007. Più della metà degli italiani non legge neanche un libro l’anno, i lettori giovani crollano in un anno dell’11,1%

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Il rapporto Censis (Centro Studi Investimenti Sociali) sui consumi mediatici degli italiani, presentato ieri a Roma e redatto in collaborazione con l’UCSI (Unione Cattolica Stampa Italiana), registra, per quanto riguarda la lettura, un calo considerevole nel numero di persone che in Italia hanno letto almeno un libro nell’ultimo anno: legge infatti un libro l’anno solo il 49,7% degli italiani, meno della metà della popolazione, percentuale inferiore del 6,5% rispetto allo scorso anno (ma quasi del 10% rispetto a 5 anni fa). Cresce, per quanto riguarda il parco dei lettori, la preferenza accordata agli eBook, in percentuale dell’1% e si attesta così al 2,7% la percentuale degli italiani che legge libri su eReader (il 5% circa dei lettori). Secondi i dati Censis, tuttavia, la percentuale di lettori che sceglieva gli eBook era superiore nel 2007 (2,9% degli italiani) rispetto al 2011. In cinque anni si  è verificato dunque un calo nei lettori che utilizzano dispositivi tecnologici per leggere, non una crescita. 

Numeri che si accompagnano a un crollo netto (del 21,5% in 5 anni e del 2,3% in 1 anno) di lettori di giornali cartacei, mentre cresce il numero di persone che leggono giornali su internet. Significative anche le cifre che riguardano la fascia tra i 14 e i 29 anni: i lettori di quotidiani sono diminuiti in un anno dell’1,4, mentre la percentuale di giovani che non ha letto neanche un libro cresce vertiginosamente: i lettori giovani sono calati dal 68% al 57,9% in un anno.

Alberto Galla (Associazione Librai Italiani): “Sconcertato dalle dichiarazioni dell’Antitrust; difenderemo la legge Levi con le unghie e con i denti”

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“La mia reazione non può che essere di sconcerto di fronte al parere dell’Antitrust”, così Alberto Galla, presidente dell’Associazione Librai Italiani, ha commentato a Bibliocartina la notizia, data dalla nostra agenzia in anteprima questa mattina, del pronunciamento netto da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato contro la legge Levi sul prezzo fisso del libro, in quanto la legge imporrebbe, secondo l’AGCM, “limiti alla libertà di concorrenza”.

Legge Levi sul prezzo dei libri, l’Antitrust italiana ne dispone l’abrogazione. “Limita la libertà di concorrenza e produce un aumento dei prezzi dei libri”.

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L’Antitrust si pronuncia sul tetto del 15% agli sconti sui libri e ne intima l’abrogazione. A una settimana circa da un convegno in Parlamento sul prezzo del libro (al quale Bibliocartina, pur invitata, ha preferito non partecipare spiegandone qui le ragioni), sembra che l’ultima parola su questa controversa legge la darà infine l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, comunemente detta Antitrust, che ha inviato ieri al governo una dettagliata relazione sulle procedure e politiche da adottare per salvaguardare la concorrenza e il libero mercato sul territorio italiano. Una pagina è dedicata al mercato librario, sul quale l’Autorità “ritiene che la previsione di tetti massimi agli sconti sul prezzo dei libri possa limitare la libertà di concorrenza dei rivenditori finali, senza produrre sostanziali benefici per i consumatori in termini di servizi offerti o di ampliamento del numero di libri immessi sul mercato”.

Secondo l’Antitrust l’unico effetto della legge Levi è dunque quello di produrre “un aumento dei prezzi dei prodotti editoriali che, in un contesto di grave crisi economica quale quello attuale, non può che comportare una riduzione delle quantità vendute, almeno per quella consistente fascia di lettori i cui acquisti sono influenzati dal prezzo. Tale sistema può inoltre consolidare l’esistenza di strutture distributive inefficienti”, continua l’Autorità, senza tuttavia addentrarsi in spiegazioni in merito a tale inefficienza di strutture distributive. 

Nella nota si fa riferimento anche all’esperienza di “altri Paesi europei (quali Regno Unito, Irlanda, Danimarca, Belgio, Finlandia, Svezia ed altri)” che “non consente di concludere che l’assenza di una disciplina di contenimento degli sconti comprometta la sopravvivenza di editori minori e di piccole librerie. 

L’Autorità auspica dunque l’abrogazione della norma, poiché “le disposizioni che prevedono tetti agli sconti massimi applicabili al prezzo dei libri nella vendita ai consumatori finali, anche on-line, non sono né necessarie a salvaguardare le finalità di tutela del pluralismo e dell’informazione, né tali da produrre benefici per i consumatori, risultando unicamente di ostacolo all’introduzione di servizi innovativi che il mercato dovrebbe essere lasciato libero di promuovere”.

L’Antitrust rileva infine, che la norma avrebbe già dovuto essere abrogata “in termini generali”, “ai sensi dell’articolo 3, comma 9, lett. h) del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138”. Che cosa dice il paragrafo in questione? L’articolo 3 della legge sulle “Misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e lo sviluppo” (il cosiddetto “Decreto Salvaitalia”) interviene in materia di “abrogazione delle indebite restrizioni all’accesso e all’esercizio delle professioni e delle attività economiche. E definisce, fra le tante formule, come “restrizione”, anche “l’imposizione di prezzi minimi o commissioni per la fornitura di beni o servizi, indipendentemente dalla determinazione, diretta o indiretta, mediante l’applicazione di un coefficiente di profitto o di altro calcolo su base percentuale“.

Stati Uniti: è la settimana dei libri censurati, librerie e biblioteche festeggiano la libertà di leggere nel paese degli 11.300 libri proibiti

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Durerà fino a sabato 6 ottobre la Banned Books Week in corso negli Stati Uniti, la “settimana dei libri censurati” che ogni anno la American Booksellers Association organizza in collaborazione con American Library Association (l’associazione delle biblioteche negli USA), con l’associazione degli editori Association of American Publishers e altre realtà. Quest’anno l’evento festeggia il 30mo anniversario, fu infatti inaugurato nel 1982 in risposta a un improvviso picco nelle censure nei confronti dei libri da parte di istituzioni scolastiche, biblioteche e librerie. Da allora, come informa la American Library Association, sono stati più di 11.300 i libri segnalati o vietati in alcuni istituti, con 326 contestazioni avvenute solo nel 2011. Al primo posto fra le autrici contestate c’è Lauren Myracle, autrice della saga “Internet girl”, di cui un solo volume è stato pubblicato in Italia da De Agostini nella traduzione di R. Verde, A+trd; la saga è stata contestata da numerose scuole per via delle volgarità di linguaggio, per i richiami espliciti al sesso e perché “inadeguata a una certa fascia d’età”. Seguono fra gli altri Hunger Games di Suzanne Collins (trilogia pubblicata in Italia da Mondadori e tradotta da Simona Brogli e Fabio Paracchini), perché contrario alla famiglia, per il contenuto violento, insensibile, e per il linguaggio offensivo; e ancora Il mondo nuovo di Aldous Huxley, per i suoi riferimenti al razzismo, alla religione e al sesso, la serie Gossip Girl, perché parla di droga e di sesso, e infine il classico del ‘900 “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee (pubblicato in Italia da Feltrinelli e tradotto da Amalia D’Agostino Schanzer; ne fu tratto anche un famoso film con Gregory Peck, nella foto, protagonista), per il linguaggio offensivo e – si badi bene – non perché sia un libro razzista, ma perché parla – denunciandolo – di razzismo. Non mancano anche alcuni autori e titoli all’apparenza insospettabili che sono comunque incappati in richieste di censura e in proibizioni: , ad esempio Le streghe di Roald Dahl (in Italia tradotto da Francesca Lazzarato per Salani), denunciato in Inghilterra di misoginia perché “le streghe sono tutte donne”, la saga di Harry Potter, proibita in varie scuole cattoliche americane perché contrario ai valori cattolici, Via col Vento (probito in una scuola per il ritratto che dà degli schiavi, e per il “comportamento immorale di Rossella O’Hara”) e infine Cappuccetto Rosso, censurato da due scuole californiane perché “nella cesta trasportata dalla piccola nel bosco c’era anche del vino”.

Kobo e Mondadori, da oggi in vendita l’eReader Kobo Touch nei negozi Mondadori e su internet

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Arriva oggi in vendita in 350 negozi Mondadori d’Italia, e online sul sito inMondadori.it il nuovo eReader Kobo Touch dell’azienda produttrice nippo-canadese Kobo a un prezzo di 99 euro. L’accordo fra Mondadori e Kobo, noto già da mesi, prevede l’arrivo a breve sul mercato anche di altri due dispositivi, Kobo Globo e Kobo Mini, a un prezzo di 129 euro e 79 euro rispettivamente, e la vendita di oltre 4.000 titoli tramite la piattaforma Digital Reading Solutions, sempre realizzata da Kobo. 

Il lancio del nuovo dispositivo di lettura digitale si accompagna a una promozione speciale sui libri: sarà infatti possibile scaricare gratuitamente 3 titoli fra nove bestseller della stagione, scegliendo fra Léonie, di Sveva Casati Modignani; Il respiro del drago di Michael Connelly;  La dieta Dukan  di Pierre Dukan; Il cacciatore di occhi di Sebastian Fitzek; L’inverno del mondo di Ken Follett; Il linguaggio segreto del volto di Anna Guglielmi; 1Q84 di Murakami Haruki; Steve Jobs di Walter Isaacson e infine Cinquanta sfumature di grigio di E.L. James.

Librerie: a Firenze chiude Edison, sfrattata da Feltrinelli, e vorrebbe aprire Apple. Ma la legge comunale attuale lo vieta, il sindaco Renzi la cambierà per far aprire l’Apple Store?

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La storica libreria fiorentina Edison si prepara a chiudere i battenti, ma le trattative in corso per il subentro fra Apple e il gruppo Feltrinelli, proprietario dello stabile, potrebbero essere inficiate da una legge comunale secondo la quale le librerie che chiudono possono essere riconvertite solo ad attività di carattere culturale, per almeno il 70% della superficie occupata. Mentre perdura la vicenda FNAC, ecco dunque altro caso di marchio librario che scompare in Italia (anche la Edison in franchising di Livorno sta per chiudere, come riporta il quotidiano La Nazione).

La società che gestisce la libreria Edison, aperta nella centralissima Piazza della Repubblica fiorentina fin dal 1996, è stata sfrattata dal gruppo Feltrinelli proprietario dello stabile, dopo una lunga vicenda giudiziaria che infine ha dato ragione ai proprietari. L’esecuzione dello sfratto è prevista per il 30 settembre, dunque a giorni, e giovedì sera scorso i 36 dipendenti della libreria hanno inscenato una protesta serale contro il destino del negozio e del loro lavoro. 

Come nei giorni scorsi hanno già comunicato più organi di stampa, è in corso una trattativa tra Feltrinelli ed Apple, fortemente voluta anche dal sindaco di Firenze Matteo Renzi, per l’acquisizione dei locali da parte del colosso americano. Tuttavia, le leggi comunali a salvaguardia del patrimonio culturale rappresentano un ostacolo serio alla conclusione della trattativa; il sindaco, come riferisce MacCitynet, dovrebbe trovarsi nella difficile situazione di dover convincere la sua maggioranza a modificare la norma a salvaguardia della cultura, per garantire Apple, la quale altrimenti dovrebbe dedicare alla vendita a malapena un 30% dello spazio snaturando così l’uniforme concetto degli Apple Store e ovviamente rinunciando a consistenti entrate. La modifica della norma, tuttavia, rappresenterebbe una evidente legge ad hoc, pensata per favorire una multinazionale, mentre nel frattempo 36 persone entro questo fine settimana perderanno il posto di lavoro.

Il marchio di alta moda Marc Jacobs apre due librerie in Europa: “Comprare un libro è emozionante come un acquisto di moda”.

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Per un gruppo di moda internazionale che – forse – chiude le sue librerie, ce n’è un altro che continua ad aprirle. Marc Jacobs, celebre marchio statunitense del mondo della moda, ha infatti inaugurato le sue prime due librerie in Europa, una a Londra e una a Parigi, che seguono il primo negozio di New York, aperto a settembre 2010, e il secondo di Los Angeles inaugurato a Melrose nel novembre dello stesso anno. Nuove aperture sono previste a breve anche a Tokyo, Chicago e in altre località del mondo.

Le librerie “rappresentano un’estensione naturale del marchio”, come ha dichiarato il presidente di Marc Jacobs Robert Duffy ai media. “Acquistare libri è emozionante esattamente come un acquisto di moda, prova ne sia il fatto che gli stessi negozi di moda Marc by Marc Jacobs presentano al loro interno sezioni dedicate alla vendita dei libri, che riscuotono enorme successo”. Il negozio di Londra, che sarà inaugurato a breve, si situa al piano inferiore dell’attuale store Marc by Marc Jacobs nel West End della città, mentre quello di Parigi si affaccia su Place du Marché Saint-Honoré, nel I arrondissement. I negozi Book Marc vendono libri, accessori di alta categoria e prodotti tecnologici, ma anche volumi fotografici e librari legati all’alta moda dall’elevato valore di mercato, tra cui ad esempio i volumi contenenti i lavori del fotografo svizzero Karlheinz Weinberger, di cui ogni copia vale migliaia di euro.

La sinergia tra libri e alta moda non è certo esclusiva del marchio Marc Jacobs. Karl Lagerfeld fondò le librerie 7L a Parigi, nel VII arrondissement, nel dicembre 1999. Ed è nota ai lettori di Bibliocartina.it la vicenda del Gruppo PPR, proprietaria del marchio e delle librerie FNAC, i cui dipendenti sono in mobilitazione da settimane in vista di una prossima chiusura dei punti vendita italiani, data a intendere a inizio 2012 dal management del gruppo ma tuttora non confermata né smentita. Potrebbero mai, i negozi FNAC attuali, trasformarsi in Gucci Book Store? La domanda è una semplice nostra fantasia e illazione, non ha in alcun modo carattere di notizia e non si basa su nessun tipo di indiscrezione né di anticipazione. Semplicemente negli ultimi giorni Bibliocartina ha provato di nuovo a mettersi in contatto con il PPR Group per avere notizie sul futuro di FNAC, ma dai centralini siamo stati indirizzati, e continuamente rimbalzati, sugli uffici di Gucci tra Firenze e Milano, senza riuscire a dialogare con nessuno. Da qui, incrociando questa circostanza con la notizia delle librerie Book Marc, la nostra fantasia. Come soluzione potrebbe  persino avere una sua coerenza, specie per un Gruppo così fermamente deciso a concentrarsi sul settore Lusso e moda come PPR. Ma è difficile ritenere che basterebbe per salvare i 600 posti di lavoro attuali.

L’editoria di ricerca in Italia è condannata a dipendere dai finanziamenti istituzionali? Intervista a Zandonai e Voland, le uniche due editrici italiane che riceveranno i fondi del Culture Programme (II parte)

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Pubblichiamo questa mattina la seconda parte dell’intervista agli editori Zandonai e Voland, dopo che nella prima parte, ieri, abbiamo dato notizia dell’ammissione delle due case editrici, le uniche in Italia, ai finanziamenti previsti dal Culture Programme dell’Unione Europea e intervistato Matteo Zadra di Zandonai sul progetto che grazie a questi finanziamenti, l’editrice porterà avanti per il 2013.

Culture Programme europeo, Zandonai Editore e Voland sono le due uniche editrici italiane che godranno dei finanziamenti 2012 (Parte I)

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Il ciclo annuale 2012 del Culture Programme di cui abbiamo dato notizia nei giorni scorsi si chiuderà il prossimo 9 ottobre a Francoforte, con la premiazione dei 12 vincitori dello European Union prize for Literature, e vede, quest’anno, il finanziamento di 531 opere di narrativa selezionate fra le 1531 opere inviate alla Commissione da case editrici e associazioni culturali di tutta Europa e non solo.

Legge Levi sul prezzo del libro, oggi un incontro di bilancio alla Camera. Ecco perché preferiamo non andare

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Editoriale – Questa mattina presso la sala Mappamondo della Camera dei deputati si terrà un incontro fra editori e operatori del settore librario, intitolato “Ad un anno dall’approvazione della legge sul prezzo dei libri (Legge n. 128 del 27 luglio 2011) – Gli operatori a confronto”. Bibliocartina, come anche tanti altri organi di stampa e/o blog specializzati, è stata invitata a essere presente per riferire dell’incontro, che si terrà fra meno di un’ora.

Abbiamo tuttavia scelto di non esserci, e riteniamo utile esporre ai nostri lettori le ragioni di questa scelta, che hanno a che fare con la nostra filosofia editoriale (oltre che con la sempre giusta considerazione: non siamo onnipotenti, occorre scegliere in che modo amministrare le forze sul breve, medio e lungo periodo).

Crediamo infatti che i luoghi del “confronto” fra gli operatori siano, oggi più che mai, fuori dai palazzi politici. Il luogo del confronto è dove la gente si incontra: la strada, le piazze, e certo anche i luoghi d’incontro e di comunicazione su internet, compreso un giornale online come questo che adotta le regole della comunicazione giornalistica, provando a rispettarle e a sperimentarle.

Crediamo molto poco nell’auto-referenzialità della scelta di chiudersi nelle sale parlamentari per ragionare degli esiti di una legge sul libro. Per chi non conosce la legge Levi, essa è la legge approvata poco più di un anno fa che ha per oggetto “la disciplina del prezzo dei libri. Tale disciplina mira a contribuire allo sviluppo del settore librario, al sostegno della creatività letteraria, alla promozione del libro e della lettura, alla diffusione della cultura, alla tutela del pluralismo dell’informazione.” La stessa legge prevede che le istituzioni preposte (Ministero per i beni e le attività culturali, Ministero dello Sviluppo economico e altre) stilino, a un anno dall’entrata in vigore, un bilancio della legge da far avere alle Camere. Tuttavia, non è affatto indicato, dalla legge, a quali fonti attingere per redigere tale bilancio. Il convegno di stamattina va nel senso di ottemperare alla’esigenza prevista dalla legge, e fra i relatori invitati ci sono: Aldo Addis (Libreria Koiné), Martin Angioni (Amazon), Ginevra Bompiani (Nottetempo), Alessandro Bompieri (RCS), Riccardo Cavallero (Mondadori), Marcello Ciccaglioni (Arion), Teresa Cremisi (Flammarion), Federico Enriques (Zanichelli), Gian Arturo Ferrari (Centro per il libro e la lettura), Alberto Galla (ALI), Dario Giambelli (Feltrinelli), Giovanni Ulrico Hoepli (Hoepli), Giuseppe Laterza (Laterza), Stefano Mauri (GeMS), Stefano Parise (AIB), Marco Polillo (AIE), Antonio Sellerio (Sellerio), Marino Sinibaldi in qualità di coordinatore, oltre al sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’informazione e all’editoria, Paolo Peluffo, e a Manuela Ghizzoni presidente della Commissione Cultura della Camera.

Tutte persone che, lo diciamo sinceramente, farebbe anche comodo incontrare ai fini lavorativi. Specie a una testata giovanissima come la nostra. Contatti, scambi, sono il sale del lavoro di giornalisti: di conseguenza la nostra scelta non è senza dubbi o incertezze da questo punto di vista. Ma d’altro canto: non sono forse gli stessi nomi che circolano sempre in tutte le occasioni? Nella maggioranza dei casi, sì. Ascoltiamo da una vita, per esempio, Gian Arturo Ferrari, ex direttore Mondadori e oggi presidente del Centro per il libro e la lettura, disquisire del mondo dei libri, e non dimenticheremo mai una lezione cui circa 12 anni fa assistemmo, tenuta in un’aula dell’Università di Bologna: “Vendere libri non è diverso da vendere scatole di fagioli”, disse Ferrari. Non eravamo d’accordo allora, e non siamo d’accordo adesso, non fosse altro che perché ragionando in quest’ottica, tutto diventa vendibile. Se un libro non è diverso da una scatola di fagioli perché dovrebbe essere diverso da una persona? Riteniamo quel ragionamento di allora figlio di una logica imprenditoriale che parte e si ferma al prodotto in quanto tale (leggi: alla sua vendibilità), e che non ragiona e non valorizza il significato di un prodotto; un significato che come per ogni creazione umana, comincia da quando un prodotto, o un’opera come preferiamo chiamarla noi, viene immaginata, ideata, viene scelta come idea, e comincia a essere realizzata. Il significato di un prodotto sta nel processo creativo che lo ha portato a prendere forma, e questo processo creativo continua anche successivamente, continua nel modo in cui un libro in questo caso viene fatto viaggiare, conoscere, come arriva negli scaffali, o nelle librerie virtuali, come arriva ai nostri occhi, come entra nella nostra vita, per uscirne subito dopo, o in pochissimi casi baciati dalla fortuna, per rimanerci per sempre. Non c’è niente di elitario, in questo ragionamento, che ha pari dignità per un libro come appunto per una scatola di fagioli, ma in un senso molto diverso da ciò che intendeva Ferrari. Ogni singolo libro, ogni singolo oggetto, per noi è unico, perché rimanda alle persone: che volto ha la persona che ha raccolto quei fagioli, dov’era? Quante volte si è piegato dal mal di schiena, quante volte ha sorriso mentre lavorava, quante volte è stato ricattato, quanti soldi ha ricevuto, come vive? Se davvero vogliamo parlare bene di prodotti, cominciamo a parlar bene di persone. Non è questo il taglio dell’incontro di stamattina a Montecitorio, un incontro a porte chiuse che nell’Italia delle millecinquecento fiere del libro e della letteratura l’anno, ha quanto meno del bizzarro. Perché non tenerlo ad esempio a Mantova, al Festivaletteratura, tra migliaia di lettori? Perché non spiegare alla gente comune questa legge, e non farsi dire dalla gente comune, da librai, lettori, studenti, insegnanti, che cosa ne pensano? Sono domande che avremmo potuto porre se fossimo stati presenti? Difficile, in un incontro a relazioni blindate. Avremmo dovuto rincorrere gli editori fuori dalla porta, mentre magari si infilano nell’auto di lusso con l’autista che gli tiene aperto lo sportello. Avremo il tempo di farlo, in seguito.

Ciò che è chiaro, è che per noi il punto di partenza quando si parla di libri, non meno che quando si parla di qualunque altra cosa, è la gente comune. Gente comune che fa il suo lavoro, il suo mestiere, che legge e che scrive, che lotta per essere pagata o che si chiede cosa inventarsi per realizzare i suoi sogni senza cadere nello sfruttamento e nella frustrazione. 

Gente comune che in questo ambito (l’editoria) molto spesso non conosce ciò che fa il vicino, molto spesso neanche gli interessa conoscerlo. Bibliocartina vuole rivolgersi invece ai curiosi, a chi lo vuole sapere, ciò che fa il vicino, perché crede che questo lo aiuti a migliorare anche la sua stessa condizione, a imparare, a riconoscersi, o a differenziarsi.

In questo primo mese (neanche) di vita abbiamo scelto di rivolgerci e dare voce con sempre più convinzione alla gente comune più che ai grandi nomi. Anche perché chi decide se un nome è grande o meno? Per noi, tutta la gente è sempre gente comune, esseri umani come tutti gli altri, anche quando realizzano opere straordinarie, figuriamoci se badiamo a quante volte vanno in televisione.

Per inciso, questo è stato e sarà uno dei nostri rarissimi editoriali: crediamo che l’informazione non sia la proposizione continua del proprio pensiero. Informazione è lasciar spazio soprattutto agli altri, a ciò che fanno, che pensano, che dicono. Finora, a quanto pare, le nostre scelte sono state vincenti. Abbiamo avuto un enorme successo in termini di visite e di visitatori, quasi 3000 visitatori unici in neanche un mese, più di 20.000 pagine lette. Abbiamo bisogno di capire come fare per rendere questo giornale online uno strumento di guadagno economico, altrimenti non potremo sostentarci né sostenere le collaborazioni di cui è indispensabile (oltre che molto bello e stimolante) avvalersi, per chi vuole lavorare professionalmente. Per questo, vi comunichiamo che a breve inizieremo a inserire pubblicità nel nostro sito. Accettiamo volentieri (come immaginerete) anche proposte pubblicitarie ad hoc, anzi ci piacerebbe, prima di doverci rivolgere a Google o ad Amazon.

Proveremo presto anche a saggiare l’ipotesi “diventa un nostro abbonato”, con formule creative ma comunque basate su un assunto nel quale crediamo molto: l’informazione è indipendente soltanto se finanziata a livello popolare dal grande pubblico dei lettori. L’informazione costa, e costa cara. Se non è il lettore che la permette con il suo piccolo contributo diffuso, saranno i poteri forti (economici e/o politici) a goderne, e inevitabilmente, ad influenzarla. Questo è quanto accade in Italia da sempre, ma negli ultimi anni la diffusione del giornalismo online ha contribuito ad accrescere la pessima disabitudine di ritenere che l’informazione sia gratuita, o addirittura di pensare che sia migliore, e più “giusta”, perché gratuita. Non è evidentemente così. 

Quindi che cosa faremo stamattina, invece di andare a Montecitorio? Scriveremo altre notizie, ma prima di tutto leggeremo. E proveremo a immaginare, a capire, a farci buone domande su “Il futuro del libro“.