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Legge Levi, un emendamento del DDL Concorrenza la sopprime nei fatti. Sconti selvaggi sui libri, via libera ai saldi di fine stagione

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Aggiornamento al 20 febbraio 2015: l'emendamento è stato stralciato dal DDL Concorrenza di oggi. Riportiamo la notizia come è stata scritta e pubblicata il 10 febbraio 2015.
La bozza del Disegno di legge sulla Concorrenza prevista in discussione il prossimo 20 febbraio in occasione del Consiglio dei Ministri (che dovrebbe vararla) contiene un articolo (il XX) che stravolgerà interamente la Legge Levi sul prezzo fisso del libro, approvata nell'estate 2011 e da allora oggetto di numerose discussioni e denunce sul suo mancato rispetto da parte dei grandi librai/editori. Una legge che era stata fortemente voluta da un gruppo di piccoli editori e dall'Associazione Librai Italiani che riunisce sotto di sé circa 200 librai indipendenti.

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I lettori, la legge Levi e le librerie indipendenti: chi ha ragione?

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Una “lettrice forte” ha espresso ieri a Bibliocartina.it un parere non proprio lusinghiero sulla figura dei librai in questo paese, lasciando un commento in calce alla risposta che Alberto Galla (presidente dell’Associazione Librai Italiani) ha indirizzato ad Aldo Cazzullo, giornalista del Corriere della Sera, in merito alle ragioni della chiusura delle librerie cittadine storiche in Italia, alla crisi del libro, al tipo di interventi da realizzare per sollevare questo settore dalla crisi difficile in cui versa già da diverso tempo. Cazzullo aveva infatti scritto, giorni addietro, un articolo sul suo blog professionale nel quale criticava gli esiti della Legge Levi, la legge che fissa un tetto del 15% agli sconti massimi applicabili nelle librerie.

Librerie indipendenti, Alberto Galla (presidente ALI) risponde ad Aldo Cazzullo: “La Legge Levi è stata l’unica garanzia di sopravvivenza per le librerie indipendenti in Italia”

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Il 25 ottobre scorso il giornalista del Corriere della Sera Aldo Cazzullo ha pubblicato un articolo in difesa delle librerie indipendenti: “Senza le piccole librerie storiche le città italiane perdono l’identità“, a partire dalla notizia della chiusura di numerose librerie indipendenti in Italia. L’articolo ha ottenuto l’iniziale elogio di numerosi librai in Italia, tuttavia non è piaciuto ad Alberto Galla, Presidente dell’Associazione Librai Italiani (nella foto), in particolare nel passaggio in cui Cazzullo critica la legge Levi sul prezzo del libro (recentemente contestata anche dall’Antitrust italiana): “La legge pensata per bloccare gli eccessi di ribasso, vale a dire gli sconti, alla fine si è rivelata controproducente. Perché, se girano meno soldi, e se la promozione diventa più difficile, si vendono meno libri“.

In merito in particolare a questo passaggio di Cazzullo, Galla ha indirizzato una lettera di precisazione al Corriere (a tutt’oggi non pubblicata). L’abbiamo ricevuta e la pubblichiamo integralmente di seguito. I grassetti sono nostri.

Egregio Direttore,

nella mia qualità di presidente dell’Associazione Librai Italiani (ALI), che raggruppa la stragrande maggioranza delle librerie indipendenti, desidero fare alcune puntualizzazioni in merito all’articolo di Aldo Cazzullo apparso oggi, giovedì, nella pagina Idee&Opinioni del giornale da lei diretto.

Se infatti non si può negare che sia in atto una grave crisi delle librerie indipendenti di tradizione, che non è solo imputabile alla crisi economica, ma che investe tutto il “sistema libro”, credo invece che debba essere ribadito con forza che l’entrata in vigore poco più di un anno fa della legge  n.128, detta anche Legge Levi, quella che regolamenta gli sconti sul prezzo dei libri, non solo non è stata dannosa, ma anzi ha sicuramente garantito a molte librerie indipendenti la sopravvivenza, ponendo freno ad una deregulation che rischiava, questa sì, di condannarle a morte certa e veloce. Piuttosto dobbiamo denunciare che la legge troppo spesso è stata interpretata in maniera elastica e disinvolta, ai limiti del lecito, e su questo la nostra Associazione si è mobilitata e si sta organizzando per tutelare le librerie e garantire il rispetto della legge stessa.

Quanto al tema della formazione (Cazzullo ha detto “occorre anche formare meglio i librai”, ndr), che ritengo effettivamente centrale per attrezzare le librerie alle sfide presenti e future, vorrei rassicurare Cazzullo, ricordandogli che in Italia esitono due realtà di eccellenza nell’ambito della formazione libraria: una è la benemerita Scuola Umberto ed Elisabetta Mauri  che a gennaio dell’anno prossimo celebrerà alla Fondazione Cini di Venezia il suo 30* anno, l’altra è la SLI (scuola librai italiani) di Orvieto , un master post universitario e post diploma che sta concludendo il suo 6*corso, fortemente voluta e gestita  proprio dalla nostra Associazione e sostenuta da tutto il sistema editoriale, oltre che dal Cepell (Centro per il libro e la lettura).

Credo infine che per garantire un futuro alle librerie in generale si debba parlare con sempre più forza di Promozione del libro e della lettura, non nel senso di “offerte promozionali” , ma in quello più pregnante  di ampliamento del numero dei lettori, e questo è possibile soltanto attraverso accorte politiche pubbliche che possono sicuramente  trovare nelle librerie del territorio, come del resto nelle biblioteche, una sponda importante. 

Per concludere una annotazione di cronaca: la storica libreria di Verona che ha chiuso nella centrale via Mazzini non ha riaperto in periferia, ma a cinquanta metri da dove si trovava prima. Anche questo è un (piccolo) segnale che i librai hanno ancora voglia di lottare per i libri.

Grazie dell’attenzione.

Alberto Galla

 

Alberto Galla (Associazione Librai Italiani): “Sconcertato dalle dichiarazioni dell’Antitrust; difenderemo la legge Levi con le unghie e con i denti”

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“La mia reazione non può che essere di sconcerto di fronte al parere dell’Antitrust”, così Alberto Galla, presidente dell’Associazione Librai Italiani, ha commentato a Bibliocartina la notizia, data dalla nostra agenzia in anteprima questa mattina, del pronunciamento netto da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato contro la legge Levi sul prezzo fisso del libro, in quanto la legge imporrebbe, secondo l’AGCM, “limiti alla libertà di concorrenza”.

Legge Levi sul prezzo dei libri, l’Antitrust italiana ne dispone l’abrogazione. “Limita la libertà di concorrenza e produce un aumento dei prezzi dei libri”.

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L’Antitrust si pronuncia sul tetto del 15% agli sconti sui libri e ne intima l’abrogazione. A una settimana circa da un convegno in Parlamento sul prezzo del libro (al quale Bibliocartina, pur invitata, ha preferito non partecipare spiegandone qui le ragioni), sembra che l’ultima parola su questa controversa legge la darà infine l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, comunemente detta Antitrust, che ha inviato ieri al governo una dettagliata relazione sulle procedure e politiche da adottare per salvaguardare la concorrenza e il libero mercato sul territorio italiano. Una pagina è dedicata al mercato librario, sul quale l’Autorità “ritiene che la previsione di tetti massimi agli sconti sul prezzo dei libri possa limitare la libertà di concorrenza dei rivenditori finali, senza produrre sostanziali benefici per i consumatori in termini di servizi offerti o di ampliamento del numero di libri immessi sul mercato”.

Secondo l’Antitrust l’unico effetto della legge Levi è dunque quello di produrre “un aumento dei prezzi dei prodotti editoriali che, in un contesto di grave crisi economica quale quello attuale, non può che comportare una riduzione delle quantità vendute, almeno per quella consistente fascia di lettori i cui acquisti sono influenzati dal prezzo. Tale sistema può inoltre consolidare l’esistenza di strutture distributive inefficienti”, continua l’Autorità, senza tuttavia addentrarsi in spiegazioni in merito a tale inefficienza di strutture distributive. 

Nella nota si fa riferimento anche all’esperienza di “altri Paesi europei (quali Regno Unito, Irlanda, Danimarca, Belgio, Finlandia, Svezia ed altri)” che “non consente di concludere che l’assenza di una disciplina di contenimento degli sconti comprometta la sopravvivenza di editori minori e di piccole librerie. 

L’Autorità auspica dunque l’abrogazione della norma, poiché “le disposizioni che prevedono tetti agli sconti massimi applicabili al prezzo dei libri nella vendita ai consumatori finali, anche on-line, non sono né necessarie a salvaguardare le finalità di tutela del pluralismo e dell’informazione, né tali da produrre benefici per i consumatori, risultando unicamente di ostacolo all’introduzione di servizi innovativi che il mercato dovrebbe essere lasciato libero di promuovere”.

L’Antitrust rileva infine, che la norma avrebbe già dovuto essere abrogata “in termini generali”, “ai sensi dell’articolo 3, comma 9, lett. h) del decreto legge 13 agosto 2011, n. 138”. Che cosa dice il paragrafo in questione? L’articolo 3 della legge sulle “Misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e lo sviluppo” (il cosiddetto “Decreto Salvaitalia”) interviene in materia di “abrogazione delle indebite restrizioni all’accesso e all’esercizio delle professioni e delle attività economiche. E definisce, fra le tante formule, come “restrizione”, anche “l’imposizione di prezzi minimi o commissioni per la fornitura di beni o servizi, indipendentemente dalla determinazione, diretta o indiretta, mediante l’applicazione di un coefficiente di profitto o di altro calcolo su base percentuale“.

Legge Levi sul prezzo del libro, oggi un incontro di bilancio alla Camera. Ecco perché preferiamo non andare

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Editoriale – Questa mattina presso la sala Mappamondo della Camera dei deputati si terrà un incontro fra editori e operatori del settore librario, intitolato “Ad un anno dall’approvazione della legge sul prezzo dei libri (Legge n. 128 del 27 luglio 2011) – Gli operatori a confronto”. Bibliocartina, come anche tanti altri organi di stampa e/o blog specializzati, è stata invitata a essere presente per riferire dell’incontro, che si terrà fra meno di un’ora.

Abbiamo tuttavia scelto di non esserci, e riteniamo utile esporre ai nostri lettori le ragioni di questa scelta, che hanno a che fare con la nostra filosofia editoriale (oltre che con la sempre giusta considerazione: non siamo onnipotenti, occorre scegliere in che modo amministrare le forze sul breve, medio e lungo periodo).

Crediamo infatti che i luoghi del “confronto” fra gli operatori siano, oggi più che mai, fuori dai palazzi politici. Il luogo del confronto è dove la gente si incontra: la strada, le piazze, e certo anche i luoghi d’incontro e di comunicazione su internet, compreso un giornale online come questo che adotta le regole della comunicazione giornalistica, provando a rispettarle e a sperimentarle.

Crediamo molto poco nell’auto-referenzialità della scelta di chiudersi nelle sale parlamentari per ragionare degli esiti di una legge sul libro. Per chi non conosce la legge Levi, essa è la legge approvata poco più di un anno fa che ha per oggetto “la disciplina del prezzo dei libri. Tale disciplina mira a contribuire allo sviluppo del settore librario, al sostegno della creatività letteraria, alla promozione del libro e della lettura, alla diffusione della cultura, alla tutela del pluralismo dell’informazione.” La stessa legge prevede che le istituzioni preposte (Ministero per i beni e le attività culturali, Ministero dello Sviluppo economico e altre) stilino, a un anno dall’entrata in vigore, un bilancio della legge da far avere alle Camere. Tuttavia, non è affatto indicato, dalla legge, a quali fonti attingere per redigere tale bilancio. Il convegno di stamattina va nel senso di ottemperare alla’esigenza prevista dalla legge, e fra i relatori invitati ci sono: Aldo Addis (Libreria Koiné), Martin Angioni (Amazon), Ginevra Bompiani (Nottetempo), Alessandro Bompieri (RCS), Riccardo Cavallero (Mondadori), Marcello Ciccaglioni (Arion), Teresa Cremisi (Flammarion), Federico Enriques (Zanichelli), Gian Arturo Ferrari (Centro per il libro e la lettura), Alberto Galla (ALI), Dario Giambelli (Feltrinelli), Giovanni Ulrico Hoepli (Hoepli), Giuseppe Laterza (Laterza), Stefano Mauri (GeMS), Stefano Parise (AIB), Marco Polillo (AIE), Antonio Sellerio (Sellerio), Marino Sinibaldi in qualità di coordinatore, oltre al sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’informazione e all’editoria, Paolo Peluffo, e a Manuela Ghizzoni presidente della Commissione Cultura della Camera.

Tutte persone che, lo diciamo sinceramente, farebbe anche comodo incontrare ai fini lavorativi. Specie a una testata giovanissima come la nostra. Contatti, scambi, sono il sale del lavoro di giornalisti: di conseguenza la nostra scelta non è senza dubbi o incertezze da questo punto di vista. Ma d’altro canto: non sono forse gli stessi nomi che circolano sempre in tutte le occasioni? Nella maggioranza dei casi, sì. Ascoltiamo da una vita, per esempio, Gian Arturo Ferrari, ex direttore Mondadori e oggi presidente del Centro per il libro e la lettura, disquisire del mondo dei libri, e non dimenticheremo mai una lezione cui circa 12 anni fa assistemmo, tenuta in un’aula dell’Università di Bologna: “Vendere libri non è diverso da vendere scatole di fagioli”, disse Ferrari. Non eravamo d’accordo allora, e non siamo d’accordo adesso, non fosse altro che perché ragionando in quest’ottica, tutto diventa vendibile. Se un libro non è diverso da una scatola di fagioli perché dovrebbe essere diverso da una persona? Riteniamo quel ragionamento di allora figlio di una logica imprenditoriale che parte e si ferma al prodotto in quanto tale (leggi: alla sua vendibilità), e che non ragiona e non valorizza il significato di un prodotto; un significato che come per ogni creazione umana, comincia da quando un prodotto, o un’opera come preferiamo chiamarla noi, viene immaginata, ideata, viene scelta come idea, e comincia a essere realizzata. Il significato di un prodotto sta nel processo creativo che lo ha portato a prendere forma, e questo processo creativo continua anche successivamente, continua nel modo in cui un libro in questo caso viene fatto viaggiare, conoscere, come arriva negli scaffali, o nelle librerie virtuali, come arriva ai nostri occhi, come entra nella nostra vita, per uscirne subito dopo, o in pochissimi casi baciati dalla fortuna, per rimanerci per sempre. Non c’è niente di elitario, in questo ragionamento, che ha pari dignità per un libro come appunto per una scatola di fagioli, ma in un senso molto diverso da ciò che intendeva Ferrari. Ogni singolo libro, ogni singolo oggetto, per noi è unico, perché rimanda alle persone: che volto ha la persona che ha raccolto quei fagioli, dov’era? Quante volte si è piegato dal mal di schiena, quante volte ha sorriso mentre lavorava, quante volte è stato ricattato, quanti soldi ha ricevuto, come vive? Se davvero vogliamo parlare bene di prodotti, cominciamo a parlar bene di persone. Non è questo il taglio dell’incontro di stamattina a Montecitorio, un incontro a porte chiuse che nell’Italia delle millecinquecento fiere del libro e della letteratura l’anno, ha quanto meno del bizzarro. Perché non tenerlo ad esempio a Mantova, al Festivaletteratura, tra migliaia di lettori? Perché non spiegare alla gente comune questa legge, e non farsi dire dalla gente comune, da librai, lettori, studenti, insegnanti, che cosa ne pensano? Sono domande che avremmo potuto porre se fossimo stati presenti? Difficile, in un incontro a relazioni blindate. Avremmo dovuto rincorrere gli editori fuori dalla porta, mentre magari si infilano nell’auto di lusso con l’autista che gli tiene aperto lo sportello. Avremo il tempo di farlo, in seguito.

Ciò che è chiaro, è che per noi il punto di partenza quando si parla di libri, non meno che quando si parla di qualunque altra cosa, è la gente comune. Gente comune che fa il suo lavoro, il suo mestiere, che legge e che scrive, che lotta per essere pagata o che si chiede cosa inventarsi per realizzare i suoi sogni senza cadere nello sfruttamento e nella frustrazione. 

Gente comune che in questo ambito (l’editoria) molto spesso non conosce ciò che fa il vicino, molto spesso neanche gli interessa conoscerlo. Bibliocartina vuole rivolgersi invece ai curiosi, a chi lo vuole sapere, ciò che fa il vicino, perché crede che questo lo aiuti a migliorare anche la sua stessa condizione, a imparare, a riconoscersi, o a differenziarsi.

In questo primo mese (neanche) di vita abbiamo scelto di rivolgerci e dare voce con sempre più convinzione alla gente comune più che ai grandi nomi. Anche perché chi decide se un nome è grande o meno? Per noi, tutta la gente è sempre gente comune, esseri umani come tutti gli altri, anche quando realizzano opere straordinarie, figuriamoci se badiamo a quante volte vanno in televisione.

Per inciso, questo è stato e sarà uno dei nostri rarissimi editoriali: crediamo che l’informazione non sia la proposizione continua del proprio pensiero. Informazione è lasciar spazio soprattutto agli altri, a ciò che fanno, che pensano, che dicono. Finora, a quanto pare, le nostre scelte sono state vincenti. Abbiamo avuto un enorme successo in termini di visite e di visitatori, quasi 3000 visitatori unici in neanche un mese, più di 20.000 pagine lette. Abbiamo bisogno di capire come fare per rendere questo giornale online uno strumento di guadagno economico, altrimenti non potremo sostentarci né sostenere le collaborazioni di cui è indispensabile (oltre che molto bello e stimolante) avvalersi, per chi vuole lavorare professionalmente. Per questo, vi comunichiamo che a breve inizieremo a inserire pubblicità nel nostro sito. Accettiamo volentieri (come immaginerete) anche proposte pubblicitarie ad hoc, anzi ci piacerebbe, prima di doverci rivolgere a Google o ad Amazon.

Proveremo presto anche a saggiare l’ipotesi “diventa un nostro abbonato”, con formule creative ma comunque basate su un assunto nel quale crediamo molto: l’informazione è indipendente soltanto se finanziata a livello popolare dal grande pubblico dei lettori. L’informazione costa, e costa cara. Se non è il lettore che la permette con il suo piccolo contributo diffuso, saranno i poteri forti (economici e/o politici) a goderne, e inevitabilmente, ad influenzarla. Questo è quanto accade in Italia da sempre, ma negli ultimi anni la diffusione del giornalismo online ha contribuito ad accrescere la pessima disabitudine di ritenere che l’informazione sia gratuita, o addirittura di pensare che sia migliore, e più “giusta”, perché gratuita. Non è evidentemente così. 

Quindi che cosa faremo stamattina, invece di andare a Montecitorio? Scriveremo altre notizie, ma prima di tutto leggeremo. E proveremo a immaginare, a capire, a farci buone domande su “Il futuro del libro“.