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L’arte del leggere: Rasy “le ultime generazioni di scrittori non amano la lettura”

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Si può essere scrittori senza essere prima di tutto lettori? E che cosa significa essere lettori? A Più libri più liberi di Roma se n’è parlato, l’8 dicembre scorso, durante la tavola rotonda dedicata al tema “Leggere è un rischio” e organizzata dalle edizioni Nottetempo.

Speciale Più libri più liberi: Ginevra Bompiani (Nottetempo): “Meglio non leggere, che leggere 50 sfumature”

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Che cosa vuol dire davvero leggere? Non è una di quelle domande che ci si pone spesso, lo si dà per scontato e forse non si dovrebbe, in tempi come questi di dilagante ritorno dell’analfabetismo, in cui anche chi ha imparato a leggere non è più capace di leggere. 

Demetrio Brandi, Racconti nella rete: “noi i primi a creare la community dei lettori e degli autori” che sta agli albori del selfpublishing (all’italiana)

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Demetrio Brandi, giornalista e presidente dell’Associazione LuccAutori, ha spiegato in dettaglio a Bibliocartina.it il funzionamento del concorso letterario “Racconti nella rete” di cui abbiamo dato notizia pochi giorni fa. “L’idea è una sorta di spin-off del salotto letterario LuccAutori che fin dal 1994 organizzo ogni anno nella città di Lucca e che nel tempo ha ospitato personalità del calibro di Ada Merini, Sergio Zavoli, Dacia Maraini“, racconta Brandi. “Nel 2002, quando ormai internet era già una realtà consolidata, abbiamo pensato che fosse una buona idea utilizzare la rete come vetrina per gli aspiranti scrittori, autori, gli amanti della lettura, attraverso questo concorso online che ha una sua componente social da ben prima che il termine venisse utilizzato. Così è nato www.raccontinellarete.it, e fin dall’inizio ci siamo potuti avvalere della collaborazione di case editrici medie ma ben conosciute quali Newton Compton prima, Nottetempo oggi”. Una sorta di anticipazione, per molti versi, delle community dei lettori su cui hanno poggiato le proprie fortune progetti editoriali di autopubblicazione all’italiana come ilmiolibro.it. o come la prossima ventura piattaforma di autopubblicazione Kobo in collaborazione con Mondadori, entrambi ben diversi dal concetto di self-publishing americano. Nel caso di Racconti nella rete la community è arricchita, o sarebbe anche bene dire preceduta, dalla formula del concorso letterario.

In merito alle regole del concorso, sulle quali Bibliocartina stessa aveva espresso qualche perplessità nel precedente articolo Brandi precisa: “non tutte le opere inviate vengono ammesse al concorso. L’associazione LuccAutori opera una prima scrematura dei racconti, e di solito circa la metà di quelli che vengono inviati è ammessa a partecipare, anche se nel tempo si è avuta una specie di selezione naturale e le opere che oggi giungono sono di qualità mediamente ben superiore a quelle che ricevevamo nei primi anni. Una volta che il racconto ha ricevuto l’ammissione (per l’ultima edizione, dice Brandi, sono stati ammessi circa 200 racconti e altri 150 circa sono stati scartati), a quel punto per partecipare diventa obbligatorio versare la quota di 30 euro”. A che cosa servono questi soldi? “La nostra è un’associazione senza fini di lucro, dunque con i soldi della quota di partecipazione finanziamo il sito, l’organizzazione del concorso e della manifestazione LuccAutori alla quale ogni anno sono invitati a partecipare i vincitori del concorso. Offriamo, senza obbligare, ai vincitori la possibilità di acquistare copie a prezzo scontato, perché noi stessi da contratto con Nottetempo dobbiamo acquistare alcune centinaia di copie dell’antologia, mentre la casa editrice ne stampa altre  che poi distribuisce nelle librerie. I proventi”, spiega Brandi, “vanno alla casa editrice. All’associazione arriverebbe qualcosa se si vendessero più di tremila copie, ma finora non è mai accaduto”. I vincitori avranno dunque sì la soddisfazione di vedere il proprio racconto pubblicato su un’antologia edita e distribuita a livello nazionale, ma – precisa Brandi – ognuno rimane titolare dei diritti sul proprio racconto, la pubblicazione avviene a titolo gratuito come specificato nel regolamento. Questo concorso è una semplice vetrina e un gioco per amanti della lettura, non pretende di essere una fucina di nuovi talenti né tantomeno di nuove tendenze letterarie”. Ecco spiegato, fra l’altro, il perché della domanda che c’eravamo posti rispetto al divieto di pubblicazione di racconti erotici: “senza censurare le singole parolacce, ci mancherebbe altro, preferiamo non pubblicare questo tipo di racconti perché il nostro sito è frequentato e letto anche dai bambini, ai quali si rivolge una buona fetta delle opere pubblicate.” Quanto ai grandi talenti, “finora non è ancora spuntato un nuovo Baricco, ma alcune personalità in passato vincitrici del nostro concorso hanno ottenuto un discreto successo, da Chiara Lico oggi giornalista del Tg2 a Stefania Bonomi a Eleonora Sottili, quest’ultima pubblicata dalla stessa Nottetempo, ad Elena Torre, che, ricorda Brandi, “è stata lanciata dal premio nel 2007 e quest’anno ha scritto un libro di favole per il WWF  “Storie dei cinque elementi”, il cui ricavato è dedicato a WWF Oasi Italia e Cuamm medici con l’Africa.  Le favole sono lette da grandi personaggi del mondo dello spettacolo.”

“Racconti nella rete”, il concorso letterario che premia i racconti online, giunge alla XII edizione. Per partecipare occorrerà versare 30 euro a racconto

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Al via la XII edizione di “Racconti nella rete”, un premio letterario organizzato dall’associazione LuccAutori, cui si può partecipare scrivendo racconti e pubblicandoli online sul sito raccontinellarete.it, dove si potrà anche leggere e commentare i racconti altrui. I racconti potranno essere inseriti fino al 31 maggio 2013, possono essere inseriti gratuitamente ma una volta ammessi a concorso sarà necessario versare una quota associativa di 30 euro per poter partecipare. Una giuria di qualità designerà, entro giugno 2013, i titoli dei 25 racconti vincitori, i quali saranno pubblicati entro ottobre prossimo in un’antologia dallo stesso titolo del concorso, a cura come ogni anno delle edizioni Nottetempo (nella foto la copertina dell’edizione 2011), in versione cartacea ed eBook, con prefazione firmata da Catena Fiorello, scrittrice oltre che sorella di Rosario e Beppe Fiorello. La presentazione dell’antologia avverrà dunque in occasione del Festival LuccAutori (nato da un’idea del giornalista Demetrio Brandi, presidente dell’associazione) che si terrà a ottobre 2013 nella città di Lucca. Sul regolamento si legge che “non sono ammessi racconti erotici, volgari oppure offensivi verso il pubblico”, una precisazione che non manca di stupire se si pensa al bestseller indiscusso del 2012, la trilogia delle “50 sfumature” di E.L. James a carattere appunto erotico (ma tutt’altro che volgare, anzi, quasi pudico in realtà nel linguaggio adoperato). Degna di attenzione è una delle clausole, infine, del regolamento, in base alla quale si stabilisce che “i venticinque autori vincitori potranno acquistare presso la nostra Associazione, nel mese di ottobre 2013, venti copie dell’antologia – prezzo di copertina dodici euro – ad un prezzo speciale loro riservato di duecento euro”. La clausola sembra dunque fissare un privilegio e non un obbligo di acquisto delle copie, tuttavia stupisce, oltre alla cifra dello sconto applicato (pari a soli 40 euro) l’obbligo di versare una quota associativa di 30 euro non per autore – se è una quota associativa, avrebbe senso che ad associarsi fosse l’autore – bensì per racconto, pari a 30 euro per titolo con un massimo di 3 racconti inviabili per singolo partecipante.

 Aggiornamento (1° novembre): l’organizzatore del concorso Demetrio Brandi ha risposto ad alcune delle nostre domande qui.

Legge Levi sul prezzo del libro, oggi un incontro di bilancio alla Camera. Ecco perché preferiamo non andare

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Editoriale – Questa mattina presso la sala Mappamondo della Camera dei deputati si terrà un incontro fra editori e operatori del settore librario, intitolato “Ad un anno dall’approvazione della legge sul prezzo dei libri (Legge n. 128 del 27 luglio 2011) – Gli operatori a confronto”. Bibliocartina, come anche tanti altri organi di stampa e/o blog specializzati, è stata invitata a essere presente per riferire dell’incontro, che si terrà fra meno di un’ora.

Abbiamo tuttavia scelto di non esserci, e riteniamo utile esporre ai nostri lettori le ragioni di questa scelta, che hanno a che fare con la nostra filosofia editoriale (oltre che con la sempre giusta considerazione: non siamo onnipotenti, occorre scegliere in che modo amministrare le forze sul breve, medio e lungo periodo).

Crediamo infatti che i luoghi del “confronto” fra gli operatori siano, oggi più che mai, fuori dai palazzi politici. Il luogo del confronto è dove la gente si incontra: la strada, le piazze, e certo anche i luoghi d’incontro e di comunicazione su internet, compreso un giornale online come questo che adotta le regole della comunicazione giornalistica, provando a rispettarle e a sperimentarle.

Crediamo molto poco nell’auto-referenzialità della scelta di chiudersi nelle sale parlamentari per ragionare degli esiti di una legge sul libro. Per chi non conosce la legge Levi, essa è la legge approvata poco più di un anno fa che ha per oggetto “la disciplina del prezzo dei libri. Tale disciplina mira a contribuire allo sviluppo del settore librario, al sostegno della creatività letteraria, alla promozione del libro e della lettura, alla diffusione della cultura, alla tutela del pluralismo dell’informazione.” La stessa legge prevede che le istituzioni preposte (Ministero per i beni e le attività culturali, Ministero dello Sviluppo economico e altre) stilino, a un anno dall’entrata in vigore, un bilancio della legge da far avere alle Camere. Tuttavia, non è affatto indicato, dalla legge, a quali fonti attingere per redigere tale bilancio. Il convegno di stamattina va nel senso di ottemperare alla’esigenza prevista dalla legge, e fra i relatori invitati ci sono: Aldo Addis (Libreria Koiné), Martin Angioni (Amazon), Ginevra Bompiani (Nottetempo), Alessandro Bompieri (RCS), Riccardo Cavallero (Mondadori), Marcello Ciccaglioni (Arion), Teresa Cremisi (Flammarion), Federico Enriques (Zanichelli), Gian Arturo Ferrari (Centro per il libro e la lettura), Alberto Galla (ALI), Dario Giambelli (Feltrinelli), Giovanni Ulrico Hoepli (Hoepli), Giuseppe Laterza (Laterza), Stefano Mauri (GeMS), Stefano Parise (AIB), Marco Polillo (AIE), Antonio Sellerio (Sellerio), Marino Sinibaldi in qualità di coordinatore, oltre al sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’informazione e all’editoria, Paolo Peluffo, e a Manuela Ghizzoni presidente della Commissione Cultura della Camera.

Tutte persone che, lo diciamo sinceramente, farebbe anche comodo incontrare ai fini lavorativi. Specie a una testata giovanissima come la nostra. Contatti, scambi, sono il sale del lavoro di giornalisti: di conseguenza la nostra scelta non è senza dubbi o incertezze da questo punto di vista. Ma d’altro canto: non sono forse gli stessi nomi che circolano sempre in tutte le occasioni? Nella maggioranza dei casi, sì. Ascoltiamo da una vita, per esempio, Gian Arturo Ferrari, ex direttore Mondadori e oggi presidente del Centro per il libro e la lettura, disquisire del mondo dei libri, e non dimenticheremo mai una lezione cui circa 12 anni fa assistemmo, tenuta in un’aula dell’Università di Bologna: “Vendere libri non è diverso da vendere scatole di fagioli”, disse Ferrari. Non eravamo d’accordo allora, e non siamo d’accordo adesso, non fosse altro che perché ragionando in quest’ottica, tutto diventa vendibile. Se un libro non è diverso da una scatola di fagioli perché dovrebbe essere diverso da una persona? Riteniamo quel ragionamento di allora figlio di una logica imprenditoriale che parte e si ferma al prodotto in quanto tale (leggi: alla sua vendibilità), e che non ragiona e non valorizza il significato di un prodotto; un significato che come per ogni creazione umana, comincia da quando un prodotto, o un’opera come preferiamo chiamarla noi, viene immaginata, ideata, viene scelta come idea, e comincia a essere realizzata. Il significato di un prodotto sta nel processo creativo che lo ha portato a prendere forma, e questo processo creativo continua anche successivamente, continua nel modo in cui un libro in questo caso viene fatto viaggiare, conoscere, come arriva negli scaffali, o nelle librerie virtuali, come arriva ai nostri occhi, come entra nella nostra vita, per uscirne subito dopo, o in pochissimi casi baciati dalla fortuna, per rimanerci per sempre. Non c’è niente di elitario, in questo ragionamento, che ha pari dignità per un libro come appunto per una scatola di fagioli, ma in un senso molto diverso da ciò che intendeva Ferrari. Ogni singolo libro, ogni singolo oggetto, per noi è unico, perché rimanda alle persone: che volto ha la persona che ha raccolto quei fagioli, dov’era? Quante volte si è piegato dal mal di schiena, quante volte ha sorriso mentre lavorava, quante volte è stato ricattato, quanti soldi ha ricevuto, come vive? Se davvero vogliamo parlare bene di prodotti, cominciamo a parlar bene di persone. Non è questo il taglio dell’incontro di stamattina a Montecitorio, un incontro a porte chiuse che nell’Italia delle millecinquecento fiere del libro e della letteratura l’anno, ha quanto meno del bizzarro. Perché non tenerlo ad esempio a Mantova, al Festivaletteratura, tra migliaia di lettori? Perché non spiegare alla gente comune questa legge, e non farsi dire dalla gente comune, da librai, lettori, studenti, insegnanti, che cosa ne pensano? Sono domande che avremmo potuto porre se fossimo stati presenti? Difficile, in un incontro a relazioni blindate. Avremmo dovuto rincorrere gli editori fuori dalla porta, mentre magari si infilano nell’auto di lusso con l’autista che gli tiene aperto lo sportello. Avremo il tempo di farlo, in seguito.

Ciò che è chiaro, è che per noi il punto di partenza quando si parla di libri, non meno che quando si parla di qualunque altra cosa, è la gente comune. Gente comune che fa il suo lavoro, il suo mestiere, che legge e che scrive, che lotta per essere pagata o che si chiede cosa inventarsi per realizzare i suoi sogni senza cadere nello sfruttamento e nella frustrazione. 

Gente comune che in questo ambito (l’editoria) molto spesso non conosce ciò che fa il vicino, molto spesso neanche gli interessa conoscerlo. Bibliocartina vuole rivolgersi invece ai curiosi, a chi lo vuole sapere, ciò che fa il vicino, perché crede che questo lo aiuti a migliorare anche la sua stessa condizione, a imparare, a riconoscersi, o a differenziarsi.

In questo primo mese (neanche) di vita abbiamo scelto di rivolgerci e dare voce con sempre più convinzione alla gente comune più che ai grandi nomi. Anche perché chi decide se un nome è grande o meno? Per noi, tutta la gente è sempre gente comune, esseri umani come tutti gli altri, anche quando realizzano opere straordinarie, figuriamoci se badiamo a quante volte vanno in televisione.

Per inciso, questo è stato e sarà uno dei nostri rarissimi editoriali: crediamo che l’informazione non sia la proposizione continua del proprio pensiero. Informazione è lasciar spazio soprattutto agli altri, a ciò che fanno, che pensano, che dicono. Finora, a quanto pare, le nostre scelte sono state vincenti. Abbiamo avuto un enorme successo in termini di visite e di visitatori, quasi 3000 visitatori unici in neanche un mese, più di 20.000 pagine lette. Abbiamo bisogno di capire come fare per rendere questo giornale online uno strumento di guadagno economico, altrimenti non potremo sostentarci né sostenere le collaborazioni di cui è indispensabile (oltre che molto bello e stimolante) avvalersi, per chi vuole lavorare professionalmente. Per questo, vi comunichiamo che a breve inizieremo a inserire pubblicità nel nostro sito. Accettiamo volentieri (come immaginerete) anche proposte pubblicitarie ad hoc, anzi ci piacerebbe, prima di doverci rivolgere a Google o ad Amazon.

Proveremo presto anche a saggiare l’ipotesi “diventa un nostro abbonato”, con formule creative ma comunque basate su un assunto nel quale crediamo molto: l’informazione è indipendente soltanto se finanziata a livello popolare dal grande pubblico dei lettori. L’informazione costa, e costa cara. Se non è il lettore che la permette con il suo piccolo contributo diffuso, saranno i poteri forti (economici e/o politici) a goderne, e inevitabilmente, ad influenzarla. Questo è quanto accade in Italia da sempre, ma negli ultimi anni la diffusione del giornalismo online ha contribuito ad accrescere la pessima disabitudine di ritenere che l’informazione sia gratuita, o addirittura di pensare che sia migliore, e più “giusta”, perché gratuita. Non è evidentemente così. 

Quindi che cosa faremo stamattina, invece di andare a Montecitorio? Scriveremo altre notizie, ma prima di tutto leggeremo. E proveremo a immaginare, a capire, a farci buone domande su “Il futuro del libro“.