Alberto Galla (Associazione Librai Italiani): “Sconcertato dalle dichiarazioni dell’Antitrust; difenderemo la legge Levi con le unghie e con i denti”

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“La mia reazione non può che essere di sconcerto di fronte al parere dell’Antitrust”, così Alberto Galla, presidente dell’Associazione Librai Italiani, ha commentato a Bibliocartina la notizia, data dalla nostra agenzia in anteprima questa mattina, del pronunciamento netto da parte dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato contro la legge Levi sul prezzo fisso del libro, in quanto la legge imporrebbe, secondo l’AGCM, “limiti alla libertà di concorrenza”.

“In primo luogo lo sconcerto nasce dal fatto che quando la legge fu approvata, un anno fa circa, fu chiesto parere all’Antitrust e da questa accordato in senso favorevole”, spiega Galla. “In secondo luogo, l’obiettivo della legge è proprio quello di garantire la pluralità dell’espressione culturale ed editoriale, contro, non certo a favore, di eventuali oligopoli. E devo dire che, in un paese in cui alcuni settori industriali sono afflitti da regimi monopolistici od oligopolistici reali con gravi conseguenze per le persone, quali l’energia, i servizi radiotelevisivi, le telecomunicazioni, il gas, mi fa davvero specie registrare la sollecitudine con cui si è voluti intervenire sulla materia del prezzo dei libri.

“Faremo in ogni caso tutto ciò che potremo perché questo pronunciamento non abbia seguito da un punto di vista legislativo”, prosegue Galla, che rileva anche alcune “serie mistificazioni della realtà” presenti nel testo con cui l’Antitrust giustifica il suo parere, insieme a “veri e propri errori di analisi. Prima di tutto non è affatto vero che è il prezzo dei libri è aumentato in conseguenza della legge Levi: lo confermano i dati di centri di documentazione e analisi importanti quali Nielsen, e il Centro Studi dell’AIE diretto da Giovanni Peresson, entrambi concordi sul fatto che la legge Levi ha prodotto una diminuzione del prezzo medio del libro, e non un suo aumento, e che anzi, è stato proprio nei paesi dove vige la ‘deregulation’ più totale, che si è registrata un’impennata dei prezzi.” 

In secondo luogo, prosegue Galla, “si fa riferimento al decreto legge “Misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e lo sviluppo” citando il paragrafo che qualifica come restrizione l’imposizione di prezzi minimi, ma nell’editoria il concetto di prezzi minimi è assente. In editoria è l’editore che fissa liberamente il suo prezzo di copertina, non il rivenditore, e non c’è in alcun modo coincidenza tra prezzo minimo e sconti sul prezzo di copertina, sui quali verte invece la legge Levi. Se proprio volessimo dare seguito all’ondata di liberismo da cui sembra investita l’Antitrust”, prosegue, “dovremmo varare una legge per il prezzo libero del libro, e abolire il concetto di prezzo di copertina. Quello sarebbe liberismo! Peccato che fallirebbero in pochi mesi i due terzi delle case editrici e i quattro quinti delle librerie”.

D’altra parte la stessa legge Levi è stata voluta molto più dai piccoli e medi operatori, tanto editori quanto librai, che non dai grandi attori del settore. “La ratio della legge Levi è la salvaguardia della pluralità, ed è una pluralità necessaria perché legata a un diritto umano inalienabile, ovvero la libertà effettiva, non formale, d’espressione, senza la quale muore ogni civiltà”. Un diritto che secondo Galla è “tutt’uno con la creazione di un tessuto di librerie indipendenti, quale esiste in paesi dove la legge sul prezzo del libro vige ed è persino più severa della nostra, quali la Francia” (in cui il tetto massimo di sconto è fissato al 5%). “Non soltanto questa legge ha da rimanere, ma addirittura avrebbe da migliorare, perché la soglia del 15% è stata comunque frutto di un compromesso, non certo del volere dei librai o degli editori indipendenti. Lotteremo con le unghie e con i denti perché non venga abrogata”. 

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