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Come ragiona un aspirante scrittore in cerca di editore? Intervista ad Aldo Spataro, autore del romanzo horror “Hotel Patria”

Scritto da Redazione on . Postato in News

Qualche giorno fa Bibliocartina è stata contattata da Aldo Spataro, che ci ha invitato a leggere il suo romanzo horror a puntate Hotel Patria, pubblicato, con una scelta senz’altro originale, sottoforma di blog e già raggiunto da un numero cospicuo di web-lettori, più di 3000 secondo l’autore del blog. Il giovane Spataro, palermitano, ha deciso di rispondere alle nostre domande e considerazioni sul suo testo, e di sottoporsi anche al giudizio dei lettori di questo articolo. Non mancano infatti, nelle risposte dell’autore, considerazioni degne di essere approfondite, criticate, o in ogni caso trasformate in dialogo. Indirizzate pure le vostre domande e i vostri commenti rivolti ad Aldo Spataro nello spazio dei commenti di seguito. 

Domanda: Quanti anni hai e da quanti anni scrivi?

Risposta: Ho 25 anni, compiuti a maggio e scrivo credo da quando ho imparato a muovere la penna. La mia prima storiella l’ho scritta a 7-8 anni, era un thriller ambientato nella casa di campagna…

D: Perché hai scelto di scrivere una storia horror?

R: In realtà ho scritto di tutto negli ultimi anni, ma l’horror è un genere che credo vada rivalutato, non mi riferisco all’horror pieno di zombie o vampiri, ma a quello originario folto di mistero suspence e atmosfera tra il surreale e l’immaginario.

D: Chi sono i tuoi principali punti di riferimento da un punto di vista letterario, coloro a cui ti ispiri nello scrivere?

R: Il mio mito iniziale, il primo libro in assoluto è stato “La casa degli spiriti” di Isabel Allende; segue a ruota la magica scrittura fantasiosa, vibrante e tagliente di Zafón, che in fondo non fa che scrivere horror travestiti da romanzi, e al terzo posto nel podio la coinvolgente e unica JK Rowling.

D: Chi sono i tuoi autori preferiti, come lettore?

R: Mito in assoluto, insuperabile, amato e molto spesso citato William Shakespeare, non credo esistono altri uomini al mondo che hanno saputo fare di un sentimento, immateriale come l’amore, un qualcosa che quasi si può toccare.

D: Quanti libri leggi in un anno?

R: Da piccolo circa 20 all’anno, ora tra lavoro e studio di meno, ma un libro sul comodino non manca mai, e anche se mi ritiro tardissimo, l’ultima cosa che faccio prima di spegnere la luce è leggere una paginetta.

D: Che strumenti utilizzi per leggere? Compri tutti i tuoi libri, vai in biblioteca, li chiedi in prestito, li rubi agli amici… Leggi anche eBook? Con quale dispositivo?

R: Principalmente mi perdo nelle librerie finchè non vengo rapito da una copertina con una trama avvincente che mi affascina, alcune volte li prendo in prestito dagli amici o spio i titoli su internet.

D: Da dove è nato il tuo amore per la scrittura?

R: Da mia madre, appassionata della scrittura da sempre, mi ha infuso il piacere di comporre delle storie e creare realtà parallele. Quel piacere ora è diventato una necessità.

D: Come mai hai scelto di usare un blog per pubblicare la tua opera, invece che un altro strumento? Per esempio le piattaforme di autopubblicazione, che ti permettono di creare il tuo ebook e di venderlo fin da subito? Hai ottenuto finora, come dici tu stesso, più di 3000 lettori della tua opera sul sito. Non credi che autopubblicando un ebook riusciresti a guadagnare qualcosa?

R: Principalmente lo scopo non è guadagnare, ma entrare a contatto con i lettori. Se avessi scelto lo strumento dell’ebook mi sarei dovuto immediatamente imporre nel panorama letterario da sconosciuto come qualcuno che pretende. Chi sono io per costringere gli altri a spendere anche solo 5 euro? Come fanno a darmi credito se prima non gli mostro chi sono? La ratio del blog è proprio questa: creare e condividere la mia scrittura con gli amici e con il tempo con tutti coloro che vorranno dedicarmi 5 minuti del proprio tempo. E forse, un giorno, quando la fiducia dei lettori avrà raggiunto un grande attaccamento, arriverà il libro. È un percorso di crescita, come per un bambino.

D: Sul tuo blog c’è scritto che sei “in cerca di editore”. Hai già avuto contatti con editori, hai pensato di procurarteli in qualche modo?

R: Ho scritto un romanzo e l’ho mandato a quasi 30 case editrici, parla di Palermo e dei miei amici, una storia intensa, ma ho ricevuto solo proposte contrattuali a pagamento, purtroppo non ho trovato chi fosse interessato a credere in un neoscrittore, e darmi la possibilità di saltare dal blog alla libreria. 

D: Veniamo ora più da vicino alla tua storia. L’abbiamo letta, come da tua gentile richiesta, e l’abbiamo trovata sicuramente inconclusa, non fosse altro che perché è una storia pubblicata a puntate. Riassumendo per i lettori, la storia è quella di un giovane emigrato al Nord che dopo tanti anni torna a vivere nella sua città natale, Palermo, ma dopo essersi insediato in un antico appartamento insieme al fratello, inizia a fare conoscenza con personaggi inquietanti e a vivere esperienze orrende, raccontate con minuzia di particolari. Abbiamo apprezzato l’accuratezza delle tue descrizioni horror. Le scene che descrivi sono decisamente inquietanti o spaventose. Nell’assieme, tuttavia, la sensazione è che l’autore non sappia ancora che direzione prenderà la vicenda. Il fatto che sia pubblicata a puntate implica che non hai ancora un’idea dello svolgimento intero del romanzo, o è solo una scelta “promozionale”?

R: La scelta delle puntate nasce dalla televisione: Lost, CSI, American Horror Story, Alias, sono tutti telefilm che mi hanno a lungo appassionato ma ogni volta che si arrivava alla fine della puntata mi lasciavano sul divano con la voglia disperata di saltare una settimana e arrivare al prossimo episodio. Credo che la sensazione di incompiuto sia ciò che volevo comunicare, perchè a chi legge arriva l’immagine di un qualcosa che si può sviluppare ma che non è prevedibile. Se invece il lettore alla fine di ogni puntata si aspettasse già il passo successivo, non cliccherebbe di nuovo sul link del blog. Quindi la frammentarietà giusta crea attesa e voglia di proseguire. 

D: I luoghi che tu rappresenti in chiave horror, l’Hotel Patria o la trattoria Stella ad esempio, sono luoghi effettivamente esistenti o esistiti a Palermo. Come mai hai scelto di trasporli in questa chiave narrativa?

R: Il genere di romanzo che funziona meglio è il romanzo storico, perché cala nella storia reale concreta e riscontrabile elementi che sarebbero potuti esistere o che forse non esisteranno mai. L’Hotel Patria c’è ed è davanti ai nostri occhi per chi lo vuole visitare, ma chi sa cosa c’è stato in passato? Così, è come se il racconto immaginario colmasse quella realtà sconosciuta, riempiendola di colore e fascino.

D: Il testo del romanzo che hai pubblicato sul blog è arricchito di numerose fotografie e illustrazioni, tra cui alcune che rappresentano i sopraccitati luoghi palermitani, che abbiamo trovato avere una certa forza evocativa, ci sembra che diano al testo una forza maggiore, forse anche perché è un testo non ancora in grado, a nostro parere, di reggersi sulle sue gambe da solo. Certo è inusuale che un testo di narrativa sia accompagnato da un uso così ricco delle immagini. Che cosa significa invece per te, questa commistione?

R: L’immagine accompagna la lettura. da la giusta cornice al lettore, non voglio ricreare la scena completa nella mente di chi legge ma voglio indurlo sulla giusta via. La lettura è un percorso personale e unico, quando si legge ci si immagina le cose sulla base della propria esperienza, ma l’immagine aiuta la propria fantasia ad accelerare il processo. Così la storia si completa, si arricchisce e si evolve. Tu non sai come finirà, leggi, guardi le immagini, fantastichi su ciò che vedi, ma la precarietà del tutto ti rende vorace del resto che verrà.

D: Da un punto di vista prettamente linguistico, non abbiamo potuto fare a meno di notare che nonostante la discreta ricercatezza linguistica e terminologica del tuo scritto, l’uso dell’italiano è stentato in numerosi passaggi, che contengono refusi o veri e propri errori grammaticali. Sono errori che forse potrebbe permettersi di fare un grande autore che scrive di corsa sapendo che i suoi pezzi saranno poi rivisti da schiere di redattori successivi, ma non un giovane esordiente che vuole convincere lettori e imprenditori del suo valore. Come mai tanti errori grammaticali? Hai pensato all’eventualità di assumere un redattore privatamente, affinché possa pulire il tuo testo da un punto di vista redazionale prima di presentarlo agli editori?

R: Ehm devo ammettere una cosa: raramente rileggo ciò che scrivo, perché quando scrivo mi immergo totalmente, una sorta di catarsi, quindi digito velocemente senza rendermi conto degli errori di battitura o di coniugazioni sbagliate. Nessuno è perfetto, spesso gli amici mi segnalano gli errori e addirittura non ricordo nemmeno di aver scritto determinate cose, finito il momento della produzione è come se non facesse più parte di me al punto da dimenticare ciò che ho scritto.  Mi basterebbe trovare la pazienza di riguardare il tutto per sanare in pochi minuti i refusi. 

D: Che valore credi che abbia in generale, in un’opera, la correttezza della lingua?

R: Fondamentale, per questo cerco sempre di usare un linguaggio che definisco impropriamente: aggettivato.

D: Abbiamo anche notato che esiste già una versione in inglese del tuo testo, pubblicata sul tuo stesso blog: chi è l’autore della traduzione? Come mai la scelta di tradurlo anche in inglese?

R: L’ho tradotta io, e lì di sicuro, ci saranno errori. L’ho tradotta per farla leggere a chi mi vuole visitare da fuori, a qualche italo americano espatriato che vuole ricongiungersi per un attimo con la propria terra.

D: Per finire: dacci un’idea della tua vita di scrittore fra 10 anni. Come sarà?

R: Il Sogno sarebbe diventare come Carofiglio: importante professionista, con una vita lavorativa, familiare, sociale intensa che coniuga al contempo la passione per la scrittura con l’occhio sempre attento alla propria terra d’origine, patria di mille ispirazioni.