Tombolini (Simplicissimus): “Ebook, l’incubo DRM è quasi finito; basta prendersela con Amazon come scusa per non innovare”
Tra i primi a commentare la notizia data ieri da noi sulla class action intrapresa da alcuni librai indipendenti americani nei confronti di Amazon e delle case editrici più grandi degli USA c’è stato Antonio Tombolini (nella foto), patron di Simplicissimus Book Farm, una delle aziende italiane leader nella distribuzione di editoria digitale.Le aziende in questione sono state accusate di aver dato vita a un cartello per il controllo del mercato degli eBook tramite il sistema DRM, una sorta di lucchetto digitale che impedisce di leggere i file scaricati da Amazon su altri dispositivi che non il Kindle della stessa Amazon. Dialogando con Bibliocartina, Tombolini – marchigiano, classe 1960, tra i pionieri dell’e-commerce nel nostro paese – ha definito “la campagna anti-Amazon ridicola; non mi riferisco solo a quella di queste tre librerie indipendenti americane, ma a tutta una serie di articoli e prese di posizione anti-Amazon che vado leggendo nelle ultime due settimane; si tratta di campagne velleitarie nel migliore dei casi. L’editoria, tutta la filiera e i mestieri dell’editoria sono alle prese con un cambio epocale in cui tutti i mestieri sono chiamati a reinventarsi, ad acquisire competenze nuove, a usare strumenti nuovi. E invece di applicarsi a questo alcuni operatori (editori, librai, autori, lettori, a turno) pensano bene di autocommiserarsi attribuendo la “colpa” delle loro crisi (annunciate da anni ma sempre negate!) al mostro brutto e cattivo. Poco importa che prenda oggi le sembianze di Amazon o Apple, l’importante per costoro sembra sia avere un capro espiatorio su cui scaricare le loro frustrazioni ed evitare di doversi rimboccare le maniche e mettersi al lavoro in un terreno per tutti sperimentale e largamente ignoto”.
Che si tratti di un terreno ignoto lo dimostrano, come hanno fatto notare alcuni commentatori oltreoceano, anche alcune pecche nel testo della denuncia dei tre librai statunitensi, laddove per esempio si auspica l’adozione di un “DRM open-source” (invece che parlare di “ebook privi di DRM”), espressione “che non posso neanche spiegare perché è un non-senso”, commenta Tombolini, “non significa nulla, sarebbe come voler spiegare il concetto di un ‘ferro ligneo’. I 3 librai, parlando così, dimostrano di non conosce nulla del digitale e degli ebook, e farebbero bene a studiare un po’ la cosa,come avrebbero dovuto iniziare a fare almeno sette o otto anni fa.” Secondo Tombolini, la lettura della realtà che individua, in generale, nel solo Amazon il nemico o la sfida da affrontare è falsata e fuorviante rispetto alle reali dinamiche del mercato, anche per quanto riguarda l’utilizzo della tecnologia. “Amazon”, spiega, “ha adottato fin dall’inizio un formato proprietario, per legare la fruizione dei contenuti comprati su Amazon all’hardware Amazon (Kindle) all’inizio, e oggi alle applicazioni Kindle disponibili per tutte le piattaforme e i device. L’unico modo per constrastare questa politica da parte di operatori sedicenti “indipendenti” sarebbe quello di far proprio un formato standard e interoperabile come EPUB, e invece autori (specie i più affermati) ed editori (specie i più “prestigiosi”) pensano bene di “bloccare” l’interoperabilità di EPUB sovrapponendovi la tecnologia DRM di un operatore con cui nessuno sembra prendersela mai (Adobe): il risultato in concreto è che gli ebook comprati su store “indipendenti” sono di fatto meno fruibili e interoperabili di quelli venduti con formato proprietario da Amazon. Salvo poi alzare il polverone addossandone la colpa al gigante cattivo. Questo significa mistificare. Si dirà che con tutto questo i librai non c’entrano. E sono d’accordo, non c’entrano, così come l’ebook non c’entra con la pesante crisi che essi devono fronteggiare. Era difficile prevedere che l’intera filiera della carta stampata stava andando incontro ad una implosione provocata non dal digitale, ma dalla sua intrinseca insostenibilità?”.
La ricerca di un’editoria digitale effettivamente indipendente ha compiuto d’altra parte grandi passi avanti negli ultimi tempi, secondo Tombolini. “Il DRM è quasi finito perché è già durato fin troppo, e man mano che aumentano autori ed editori consapevoli, man mano che il selfpublishing acquisisce peso, man mano che operatori si danno da fare col digitale perché funzioni e non per boicottarlo velleitariamente, ebbene, la dannosità dei DRM verrà sempre più in chiaro, fino ad essere pretesa dagli utenti. Posso testimoniarlo con dati di prima mano: STEALTH, la nostra piattaforma di distribuzione, distribuisce in Italia più di un titolo ogni tre disponibili in commercio (il 36% dei titoli), e il 65% degli editori attivi nel digitale. Ebbene, i titoli su cui i nostri editori decidono di apporre i DRM si contano sulle dita di due mani, probabilmente una decina su oltre 18mila titoli italiani distribuiti. E su nessuno dei 1500 titoli sin qui distribuiti da Narcissus.me”. A noi rimane una domanda: sul serio chi vende eBook vende libri? O non vende piuttosto – ci chiediamo – qualcosa di simile a “esperienze di lettura digitale”, tanto più nel caso di Amazon che si prende persino la libertà di poter cancellare, se lo ritiene necessario, i titoli già acquistati dagli utenti sui propri Kindle? “Mah, per me vendere libri”, risponde Tombolini “tanto più se digitali e slegati dall’oggetto fisico che può servire anche da accessorio di arredo, ha sempre significato vendere esperienze di lettura, per Amazon come per tutti. Amazon è per ora più avanti di altri perché ha scommesso e investito pesantemente e prima di altri nella transizione al digitale del libro e della lettura. Ma il futuro, e io ritengo non così lontano, sarà necessariamente aperto e interoperabile: potrò comprare ebook da qualsiasi store e leggere quel che ho comprato su qualsiasi device con una molteplicità di applicazioni disponibili, come è naturale che sia. Sarà in quel momento che Amazon sarà costretta a rinunciare al formato proprietario, e ad entrare in competizione “alla pari” con altri. Questo va fatto: un gran lavoro per creare un ecosistema di lettura alternativo a Kindle basato su standard aperti e interoperabili, e modelli di vendita dei libri, online e non, nuovi e creativi. I piagnistei, le recriminazioni, le vittimistiche richieste di “protezione” e sostegno da parte dello stato non servono a nulla, se non a bruciare risorse (creative e finanziarie) inutilmente”.
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