Lettera a un redattore da una traduttrice letteraria: “L’editoria italiana di traduzioni si finanzia con i compensi dei collaboratori free-lance”, di Isabella Zani

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Pubblichiamo, con il permesso dell’autrice, una lettera rivolta da Isabella Zani, traduttrice letteraria dall’inglese, al mondo editoriale italiano. Nella lunga lettera si rivolgono critiche taglienti al sistema di gestione delle collaborazioni freelance da parte dell’editoria italiana. La pubblichiamo in due parti:

“Caro Redattore

la spero bene, e la avverto che non sarò breve.

Scrivo di nuovo a lei perché non ho indirizzi e-mail affidabili per la presidenza della sua Casa Editrice, reale destinataria di questo messaggio; ma in ogni caso perché fu lei a telefonarmi diversi giorni fa, per riferirmi che il pagamento dovuto per la traduzione consegnata il 10 maggio – pagamento che attendevo alla fine di luglio (fidando sul consueto termine di sessanta giorni «fine mese») ma che, trascorsi inutilmente lo stesso mese di luglio e poi il mese di agosto, mi era stato annunciato per la fine di agosto con «valuta ai primi di settembre» – era stato nuovamente rimandato alla fine di settembre (120 giorni fine mese dalla consegna, tanto per tenere i conti). Annuncio che peraltro poggiava solo sulla sua e mia buona fede, perché i documenti ufficiali in questi casi (ordini di bonifico, matrici di assegni, chissà) rimangono sempre misteriosi.

Lei ascoltò quanto avevo da dire in merito a questo comportamento da parte dell’Azienda per cui lei lavora; affermò che mi avrebbe compresa se in futuro non avessi più accettato di lavorare per voi (ma io ho bisogno di più lavoro, non meno); si disse concorde con le mie opinioni ma impotente a cambiare la situazione, e mi salutò esprimendo la speranza di potermi richiamare presto con notizie confortanti, cosa che a distanza di oltre una settimana non è accaduta. Ma in effetti sono abbastanza certa che lei per primo non credesse al suo auspicio, come non vi credetti io: perché siamo adulti e professionisti che, sebbene con mansioni diverse, dipendono da un editore di libri per il proprio sostentamento, e sappiamo ormai anche troppo bene che l’editoria libraria è un’industria governata dall’arbitrio, quando non dal vero e proprio capriccio.

Come definire altrimenti che arbitraria la decisione improvvisa – e che non mi sarebbe stata comunicata a meno di numerosi e umilianti solleciti – da parte della vostra presidenza di sospendere i pagamenti ai collaboratori, malgrado i contratti firmati, malgrado l’esecuzione e la consegna puntuale del lavoro, malgrado i patti? Le ragioni, ovviamente, non sono difficili da immaginare. I libri sono oggetti amatissimi che però non rendono molto; forse già da quando esistono, ma in questi ultimi tempi di sconquassi finanziari ed economici meno che mai, ed evidentemente il primo semestre di quest’anno per l’editoria nazionale è stato davvero il «bagno di sangue» che si sente menzionare qua e là. Quindi le casse sono vuote, i conti non tornano, e allora che cosa si fa? Si aspetta a pagare i traduttori (e magari i revisori esterni, i grafici, chissà quanti altri collaboratori dotati di potere contrattuale e strumenti di rivalsa scarsi o nulli). E quanto si aspetta? Un mese, due, tre, in realtà nessuno può dirlo perché la decisione è in mano a un gruppo ristretto o perfino a una sola persona, che può rimandare il saldo del dovuto a proprio piacimento senza nemmeno sentirsi in dovere di avvisare se non è il creditore a chiedere notizie, chiedere notizie, chiedere notizie, a scapito del propro tempo e della propria serenità. Pagheremo quando potremo.

Ogni tanto mi diverto a immaginare che cosa succederebbe se, a contratto firmato e magari diverse settimane dopo l’assegnazione del lavoro, a una richiesta di informazioni sulla consegna di una traduzione rispondessi «Cosa vuole che le dica, consegnerò quando potrò. Ora non è possibile». Potrei strappare un sorriso incredulo oppure ottenere una reazione sdegnata, vedermi agitare davanti agli occhi lo spettro della rescissione del contratto e negare il compenso pattuito. Insomma è probabile che mi ritroverei senza i soldi. Vale a dire, il medesimo risultato che ottengo adesso lavorando con diligenza e rispettando gli impegni: infatti sono passati quattro mesi da che ho fatto la mia parte, e mi ritrovo senza i soldi, e non so quando li avrò.

(qui la seconda parte)

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