Legge Levi sul prezzo del libro, oggi un incontro di bilancio alla Camera. Ecco perché preferiamo non andare

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Editoriale – Questa mattina presso la sala Mappamondo della Camera dei deputati si terrà un incontro fra editori e operatori del settore librario, intitolato “Ad un anno dall’approvazione della legge sul prezzo dei libri (Legge n. 128 del 27 luglio 2011) – Gli operatori a confronto”. Bibliocartina, come anche tanti altri organi di stampa e/o blog specializzati, è stata invitata a essere presente per riferire dell’incontro, che si terrà fra meno di un’ora.

Abbiamo tuttavia scelto di non esserci, e riteniamo utile esporre ai nostri lettori le ragioni di questa scelta, che hanno a che fare con la nostra filosofia editoriale (oltre che con la sempre giusta considerazione: non siamo onnipotenti, occorre scegliere in che modo amministrare le forze sul breve, medio e lungo periodo).

Crediamo infatti che i luoghi del “confronto” fra gli operatori siano, oggi più che mai, fuori dai palazzi politici. Il luogo del confronto è dove la gente si incontra: la strada, le piazze, e certo anche i luoghi d’incontro e di comunicazione su internet, compreso un giornale online come questo che adotta le regole della comunicazione giornalistica, provando a rispettarle e a sperimentarle.

Crediamo molto poco nell’auto-referenzialità della scelta di chiudersi nelle sale parlamentari per ragionare degli esiti di una legge sul libro. Per chi non conosce la legge Levi, essa è la legge approvata poco più di un anno fa che ha per oggetto “la disciplina del prezzo dei libri. Tale disciplina mira a contribuire allo sviluppo del settore librario, al sostegno della creatività letteraria, alla promozione del libro e della lettura, alla diffusione della cultura, alla tutela del pluralismo dell’informazione.” La stessa legge prevede che le istituzioni preposte (Ministero per i beni e le attività culturali, Ministero dello Sviluppo economico e altre) stilino, a un anno dall’entrata in vigore, un bilancio della legge da far avere alle Camere. Tuttavia, non è affatto indicato, dalla legge, a quali fonti attingere per redigere tale bilancio. Il convegno di stamattina va nel senso di ottemperare alla’esigenza prevista dalla legge, e fra i relatori invitati ci sono: Aldo Addis (Libreria Koiné), Martin Angioni (Amazon), Ginevra Bompiani (Nottetempo), Alessandro Bompieri (RCS), Riccardo Cavallero (Mondadori), Marcello Ciccaglioni (Arion), Teresa Cremisi (Flammarion), Federico Enriques (Zanichelli), Gian Arturo Ferrari (Centro per il libro e la lettura), Alberto Galla (ALI), Dario Giambelli (Feltrinelli), Giovanni Ulrico Hoepli (Hoepli), Giuseppe Laterza (Laterza), Stefano Mauri (GeMS), Stefano Parise (AIB), Marco Polillo (AIE), Antonio Sellerio (Sellerio), Marino Sinibaldi in qualità di coordinatore, oltre al sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all’informazione e all’editoria, Paolo Peluffo, e a Manuela Ghizzoni presidente della Commissione Cultura della Camera.

Tutte persone che, lo diciamo sinceramente, farebbe anche comodo incontrare ai fini lavorativi. Specie a una testata giovanissima come la nostra. Contatti, scambi, sono il sale del lavoro di giornalisti: di conseguenza la nostra scelta non è senza dubbi o incertezze da questo punto di vista. Ma d’altro canto: non sono forse gli stessi nomi che circolano sempre in tutte le occasioni? Nella maggioranza dei casi, sì. Ascoltiamo da una vita, per esempio, Gian Arturo Ferrari, ex direttore Mondadori e oggi presidente del Centro per il libro e la lettura, disquisire del mondo dei libri, e non dimenticheremo mai una lezione cui circa 12 anni fa assistemmo, tenuta in un’aula dell’Università di Bologna: “Vendere libri non è diverso da vendere scatole di fagioli”, disse Ferrari. Non eravamo d’accordo allora, e non siamo d’accordo adesso, non fosse altro che perché ragionando in quest’ottica, tutto diventa vendibile. Se un libro non è diverso da una scatola di fagioli perché dovrebbe essere diverso da una persona? Riteniamo quel ragionamento di allora figlio di una logica imprenditoriale che parte e si ferma al prodotto in quanto tale (leggi: alla sua vendibilità), e che non ragiona e non valorizza il significato di un prodotto; un significato che come per ogni creazione umana, comincia da quando un prodotto, o un’opera come preferiamo chiamarla noi, viene immaginata, ideata, viene scelta come idea, e comincia a essere realizzata. Il significato di un prodotto sta nel processo creativo che lo ha portato a prendere forma, e questo processo creativo continua anche successivamente, continua nel modo in cui un libro in questo caso viene fatto viaggiare, conoscere, come arriva negli scaffali, o nelle librerie virtuali, come arriva ai nostri occhi, come entra nella nostra vita, per uscirne subito dopo, o in pochissimi casi baciati dalla fortuna, per rimanerci per sempre. Non c’è niente di elitario, in questo ragionamento, che ha pari dignità per un libro come appunto per una scatola di fagioli, ma in un senso molto diverso da ciò che intendeva Ferrari. Ogni singolo libro, ogni singolo oggetto, per noi è unico, perché rimanda alle persone: che volto ha la persona che ha raccolto quei fagioli, dov’era? Quante volte si è piegato dal mal di schiena, quante volte ha sorriso mentre lavorava, quante volte è stato ricattato, quanti soldi ha ricevuto, come vive? Se davvero vogliamo parlare bene di prodotti, cominciamo a parlar bene di persone. Non è questo il taglio dell’incontro di stamattina a Montecitorio, un incontro a porte chiuse che nell’Italia delle millecinquecento fiere del libro e della letteratura l’anno, ha quanto meno del bizzarro. Perché non tenerlo ad esempio a Mantova, al Festivaletteratura, tra migliaia di lettori? Perché non spiegare alla gente comune questa legge, e non farsi dire dalla gente comune, da librai, lettori, studenti, insegnanti, che cosa ne pensano? Sono domande che avremmo potuto porre se fossimo stati presenti? Difficile, in un incontro a relazioni blindate. Avremmo dovuto rincorrere gli editori fuori dalla porta, mentre magari si infilano nell’auto di lusso con l’autista che gli tiene aperto lo sportello. Avremo il tempo di farlo, in seguito.

Ciò che è chiaro, è che per noi il punto di partenza quando si parla di libri, non meno che quando si parla di qualunque altra cosa, è la gente comune. Gente comune che fa il suo lavoro, il suo mestiere, che legge e che scrive, che lotta per essere pagata o che si chiede cosa inventarsi per realizzare i suoi sogni senza cadere nello sfruttamento e nella frustrazione. 

Gente comune che in questo ambito (l’editoria) molto spesso non conosce ciò che fa il vicino, molto spesso neanche gli interessa conoscerlo. Bibliocartina vuole rivolgersi invece ai curiosi, a chi lo vuole sapere, ciò che fa il vicino, perché crede che questo lo aiuti a migliorare anche la sua stessa condizione, a imparare, a riconoscersi, o a differenziarsi.

In questo primo mese (neanche) di vita abbiamo scelto di rivolgerci e dare voce con sempre più convinzione alla gente comune più che ai grandi nomi. Anche perché chi decide se un nome è grande o meno? Per noi, tutta la gente è sempre gente comune, esseri umani come tutti gli altri, anche quando realizzano opere straordinarie, figuriamoci se badiamo a quante volte vanno in televisione.

Per inciso, questo è stato e sarà uno dei nostri rarissimi editoriali: crediamo che l’informazione non sia la proposizione continua del proprio pensiero. Informazione è lasciar spazio soprattutto agli altri, a ciò che fanno, che pensano, che dicono. Finora, a quanto pare, le nostre scelte sono state vincenti. Abbiamo avuto un enorme successo in termini di visite e di visitatori, quasi 3000 visitatori unici in neanche un mese, più di 20.000 pagine lette. Abbiamo bisogno di capire come fare per rendere questo giornale online uno strumento di guadagno economico, altrimenti non potremo sostentarci né sostenere le collaborazioni di cui è indispensabile (oltre che molto bello e stimolante) avvalersi, per chi vuole lavorare professionalmente. Per questo, vi comunichiamo che a breve inizieremo a inserire pubblicità nel nostro sito. Accettiamo volentieri (come immaginerete) anche proposte pubblicitarie ad hoc, anzi ci piacerebbe, prima di doverci rivolgere a Google o ad Amazon.

Proveremo presto anche a saggiare l’ipotesi “diventa un nostro abbonato”, con formule creative ma comunque basate su un assunto nel quale crediamo molto: l’informazione è indipendente soltanto se finanziata a livello popolare dal grande pubblico dei lettori. L’informazione costa, e costa cara. Se non è il lettore che la permette con il suo piccolo contributo diffuso, saranno i poteri forti (economici e/o politici) a goderne, e inevitabilmente, ad influenzarla. Questo è quanto accade in Italia da sempre, ma negli ultimi anni la diffusione del giornalismo online ha contribuito ad accrescere la pessima disabitudine di ritenere che l’informazione sia gratuita, o addirittura di pensare che sia migliore, e più “giusta”, perché gratuita. Non è evidentemente così. 

Quindi che cosa faremo stamattina, invece di andare a Montecitorio? Scriveremo altre notizie, ma prima di tutto leggeremo. E proveremo a immaginare, a capire, a farci buone domande su “Il futuro del libro“. 

Intervista a Romano Montroni – Parte II: “Il mestiere del libraio è tutt’altro che finito, finché si vorranno vendere libri non si potrà mai fare a meno di librai capaci”

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Pubblichiamo la seconda parte dell’intervista a Romano Montroni autore di “I libri ti cambiano la vita” per Longanesi Editore, dopo la prima parte già pubblicata stamattina, che verteva innanzitutto sul libro presentato questa mattina anche al Festivaletteratura di Mantova. Oltre al Montroni autore del libro, abbiamo infatti interrogato anche il Montroni libraio, da più di 10 anni fra l’altro docente anche della Scuola per Librai Umberto ed Elisabetta Mauri dal 2006 consulente per le Librerie Coop, catena di librerie legata al gruppo della grande distribuzione, presente al momento soprattutto nel Nord Italia.

C’eravamo lasciati con un interrogativo. Come fare per instillare nei non-lettori, così numerosi in Italia,  il gusto della lettura? Montroni ha le idee chiare sul tema. “L’abitudine, il gusto, il bisogno di leggere si acquisiscono da bambini, è la scuola il primo e fondamentale veicolo di amore per la lettura. Quella che occorre è una vera e propria didattica per il riconoscimento del valore dei libri, eppure chiediamoci: quante sono in Italia le biblioteche scolastiche in uso? Se non c’è una biblioteca funzionante neanche al Liceo Galvani di Bologna, che è uno dei licei più storici d’Italia dove ha studiato addirittura Giosué Carducci, che cosa dobbiamo immaginare che avvenga nel resto delle scuole italiane?” Non va meglio nelle famiglie, d’altra parte: “i bambini e i ragazzi hanno bisogno di crescere tra i libri, una casa senza librerie è una casa senza stimoli per un bambino.

La crisi dei lettori e della lettura in Italia si intreccia inevitabilmente a quella dell’editoria, eppure Montroni non condivide il pessimismo vigente sul destino segnato dei rumori del libro. Anche a lui infatti abbiamo chiesto se è vero che il mestiere del libraio sia destinato a scomparire, ma la risposta netta è “no, affatto. Al contrario, le vicende anche recenti del mercato librario ci hanno insegnato che il mestiere del libraio, checché si faccia leva oggi sulla tecnologia, è insostituibile e lo sarà sempre, fin quando si vorranno vendere libri.” Montroni cita il caso della catena di megastore britannica Waterstones, proprietaria in Gran Bretagna e in Europa di circa 320 punti vendita per un totale di 4.500 dipendenti. “Waterstones fallì quando fu acquisita da persone che trattavano i libri esattamente come un prodotto qualunque”, racconta l’autore bolognese, “e viceversa ha iniziato a riscattarsi in poco tempo da quando il magnate russo che l’ha acquisita – il miliardario Alexander Mamut, ricco investitore nell’industria dei media internazionale – ne ha affidato la direzione a un libraio indipendente specializzato, che a Londra era titolare di 6 librerie indipendenti. James Daunt”, questo il nome del libraio, “ha puntato su quattro elementi fondamentali”, spiega Montroni: “in primo luogo, la formazione dei librai, una formazione permanente. Un libraio non andrebbe mai confuso con un commesso d’abbigliamento, un libraio è un artigiano che confeziona i suoi negozi con un lavoro più simile a quello di un sarto, o se volete di un salumaio d’altri tempi, che non certo a quello di un addetto cassa.”

In secondo luogo, alla base del riscatto di Waterstones, azienda che Montroni considera un ‘case study‘ da manuale per il mercato librario, c’è stato “il ricambio dell’intera classe dirigente alla ricerca di una maggiore competenza professionale. In terzo luogo, la cura dell’assortimento: nessun punto vendita è uguale a un altro, in base alla città o al quartiere in cui si trova l’offerta di libri cambia, ed è giusto che sia così. Le librerie tutte uguali non funzionano. In quarto luogo infine, il libraio nei loro punti vendita è un suggeritore – qui il discorso si riallaccia dunque all’intervista pubblicata stamattina – che niente meno, scrive su dei bigliettini a mano i suggerimenti sui libri da leggere.”

Il caso Waterstones spiega, per Montroni, che non c’è affatto contraddizione tra un approccio “artigianale” al libro e alla vendita dei libri e cifre e volumi di vendita da colossi economici.  “Tutt’altro, solo lo spirito imprenditoriale e l’intraprendenza creativa oggi possono salvare le librerie. I librai indipendenti generalisti che si accontentano di lasciare i libri in vendita in modo passivo, quelli sì hanno fatto il loro tempo. Bisogna imparare a usufruire delle innovazioni anche tecnologiche che sono emerse in questi anni – e che ad esempio permettono a un  libraio di avere sott’occhio l’assortimento in modo ben più rapido e preciso di un tempo – senza rinunciare allo spirito originario del mestiere.

Questo approccio è lo stesso, dice Montroni, “che utilizziamo nelle Librerie Coop per cui da qualche anno sono consulente. Formazione permanente, non meno di una volta al mese, assortimento personalizzato, e valorizzazione della forza vendita. Guai a chiamarli commessi: sono librai, professionisti a tutti gli effetti. E i numeri ci danno ragione: se il settore scende di non meno del 10%, nell’ultimo periodo presso le Librerie Coop le vendite sono aumentate del 3%.”

Considerazioni, quelle di Montroni, per tanti versi affini a quelle di Marino Buzzi e Rosa Addeo già pubblicate nei giorni scorsi, ma con una sfumatura di ottimismo e di fiducia in più nel futuro del loro mestiere. Ad ascoltarlo non sembra né grigia, né nera, né rossa.

Intervista in anteprima a Romano Montroni, il libraio d’Italia. Oggi a Mantova presenta “I libri ti cambiano la vita”. Parte I

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Più di 50 anni trascorsi lavorando tra i libri, eppure conserva ancora lo stesso entusiasmo di un iniziatore Romano Montroni, libraio, formatore, consulente e autore per Longanesi del volume I libri ti cambiano la vita, che oggi sarà presentato a Mantova al Festivaletteratura; l’autore ha voluto parlarcene in anteprima su Bibliocartina.it, nel corso di una lunga e istruttiva chiacchierata telefonica. Pubblicheremo l’intervista in due parti, la prima dedicata al libro questa mattina, la seconda, dedicata invece al mestiere del libraio e al futuro dei libri secondo Montroni, oggi pomeriggio, 

“I libri ti cambiano la vita” – stamattina alle 12.00 Montroni ne discuterà con Stefano Salis, responsabile del supplemento Domenica de Il sole 24 ore, e con il conduttore televisivo bolognese Patrizio Roversi – è un classico libro sui libri. Un’intervista a 100 scrittori contemporanei, tra cui gli stessi Salis e Roversi, sui libri che sono stati, appunto, importanti per la loro formazione. Fra i tanti autori intervistati troviamo Corrado Augias, Serena Dandini, Vito Mancuso, Renata Colorni, Stefano Benni, personaggi noti, in misura certo differente, tanto al pubblico frequentatore delle librerie quanto a quello più avvezzo agli schermi televisivi.

Perché un libro del genere? “Questo libro si basa su un principio molto semplice però essenziale per il mestiere del libraio”, risponde Montroni, “ovvero il principio del suggerimento: con questo volume è come se avessi raccolto una enorme rubrica di suggerimenti da parte di chi scrive verso chi ama leggere, e tanto è vero che ultimamente anche sui quotidiani sono iniziate a fioccare le rubriche dei suggerimenti di lettura da parte degli scrittori! Ho scelto di comporre questo libro perché chi sta in libreria sa che i suggerimenti di lettura degli autori sono uno dei migliori conduttori di interesse verso un libro, e come libraio, sono uno che ama consigliare”. Il libraio dunque è uno che ama consigliare: sono parole molto affini a quelle che negli ultimi giorni abbiamo sentito pronunciare anche a Rita Addeo della Libreria Croci di Varese e a Marino Buzzi, intervistati entrambi da Bibliocartina. Un tratto comune, dunque, anche fra generazioni differenti di librai, e fra librai di genere ed esperienza diversi. 

Ma consigliare chi? Chiediamo: questo è un libro per lettori forti, o per convincere i non-lettori del fatto che i libri ti cambiano la vita? Perché nel secondo caso, non sarebbe stato meglio, per convincere ad entrare in libreria, mettere Totti o Maria De Filippi in un cartellone con i consigli di lettura, invece che puntare su personaggi noti ma non amatissimi? “Lei ha ragione sul fatto che ci sono personaggi televisivi che di primo acchito, per alcune fasce di popolazione, possono rappresentare un’attrattiva maggiore. Ma quello che ci interessava era soprattutto far conoscere al grande pubblico anche televisivo come avvengono, nella vita delle persone, incontri con libri che cambiano per sempre il corso della nostra esistenza, e non mi riferisco all’esistenza di autore letterario, ma all’esistenza tout court. Così è stato ad esempio, per Vito Mancuso, che ci ha raccontato del suo incontro con la Bibbia avvenuto a 16 anni, o per Andrea Molesini (il vincitore del Premio Campiello 2011 con “Non tutti i bastardi sono di Vienna“), che narra di come l’incontro con il libro della sua vita, l’Odissea, sia avvenuto per bocca di un pescatore analfabeta che la recitava a memoria.”

Storia insomma che possono accattivare quella fascia non poi così esigua di lettori che non disprezzano i libri ma che hanno bisogno di ricevere uno stimolo alla lettura, ad esempio quell’1,5 della popolazione che secondo le ricerche Istat, leggeva in passato ma che nel 2011 non ha aperto neanche un libro. Quella fascia di persone che non hanno un rapporto assiduo con la letteratura ma che non sono del tutto disinteressate ad essa, persone che seguono le trasmissioni della Dandini, o che apprezzano Corrado Augias o che magari non hanno mai letto un romanzo di Andrea Camilleri però sono incuriosite dal personaggio, o ad esempio persone che ascoltano e hanno amato Lucio Dalla, che pure ha contribuito al libro prima di venire a mancare. Insomma, quello di Romano Montroni è un modo delicato per frugare nelle vite di persone conosciute e stimate, costruendo in maniera indiretta dei consigli di lettura che possano stimolare sia i lettori più forti sia quelli più occasionali.

E i non-lettori? In Italia sono più della metà della popolazione, è la percentuale più alta in Europa. Che ne facciamo? “Probabilmente”, riflette Montroni, “se anche ci fosse stato Totti sulla copertina del libro si sarebbero fermati un minuto davanti alla vetrina, e poi sarebbero passati oltre”. Continua nella seconda parte.

Intervista a Marino Buzzi: il marketing dei libri, il peggior nemico della qualità. Sulla crisi del settore “oggi paghiamo accordi commerciali sbagliati di qualche tempo fa, tra case editrici e librerie”

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Dopo l’intervista alla Libreria Croci di Varese di ieri, oggi intervistiamo Marino Buzzi, libraio, blogger e autore letterario, un punto di riferimento per tanti librai, editori o semplici appassionati del mondo dei libri su internet, dove il suo blog Cronache dalla libreria raccoglie ogni giorno riflessioni dolci-amare o semplici racconti della vita di un giovane libraio.

36 anni, emiliano, Marino Buzzi è anche autore di due libri, Confessioni di un ragazzo perbene edito da Luciana Tufani Editrice e per Ugo Mursia Editore il titolo Un altro bestseller e siamo rovinati, “diario semiserio di un libraio”. In questa intervista gli abbiamo dato del tu, visto che siamo più o meno coetanei. 

Bibliocartina (D): Sei un giovane libraio che il suo mestiere lo fa tutti i giorni, però lo racconti anche, nel tuo libro e nel tuo blog: quando e perché hai scelto di diventare libraio, e come definiresti oggi la tua scelta? Come mai hai deciso di raccontarla utilizzando proprio quei mezzi?

Marino Buzzi (R): Quello di diventare libraio era un sogno che avevo da bambino, per molti anni ho lavorato come cuoco e, allo stesso tempo, studiato per potermi laureare. Dopo la laurea ho avuto la grande fortuna di trovare impiego in una libreria come magazziniere. L’ho fatto per circa due anni poi mi sono trasferito a Bologna e ho cominciato a lavorare in sala come addetto al settore saggi. Nonostante tutto quello che scrivo sul mio blog e nel libro sono felice della mia scelta, quello del libraio rimane un lavoro bellissimo anche se non so per quanto ancora la mia figura professionale esisterà. Con il passare del tempo tutte le speranze e le illusioni che avevo su questo mestiere sono state messe a dura prova così ho deciso di cominciare a raccontare la “quotidianità” di noi librai, di farlo in modo ironico e divertente, attraverso il mio blog. Alla casa editrice Mursia lo hanno letto e mi hanno proposto di fare un libro, è nato così Un altro best seller e siamo rovinati.

D: Il tuo blog è frequentato quotidianamente da altri librai indipendenti che nelle tue parole riconoscono anche i loro problemi o le loro stesse riflessioni. Che idea ti sei fatto del clima attuale tra i librai e nelle librerie italiane? Ci sono momenti, occasioni in cui potete incontrarvi anche dal vivo e scambiarvi opinioni, trucchi del mestiere, speranze o inquietudini per il futuro? Oppure siete una categoria frammentata?

R: Sul blog si incontrano tante categorie professionali, ci sono anche molti editori ed editrici (Voland, Luciana Tufani, Barbes ecc…) che lo seguono e ci sono anche moltissimi/e  lettori e lettrici  accaniti/e, è la cosa che mi dà più soddisfazione vedere che siamo tutti/e nella stessa barca che chi ama la letteratura vive, quotidianamente, le stesse problematiche che riporto sul blog. Il clima nelle librerie, così come nelle case editrici, nella distribuzione ecc., non è dei migliori. In parte per colpa della crisi economica che ha colpito – in un paese in cui si legge pochissimo – l’oggetto libro in modo piuttosto violento. Ma temo non sia solo colpa della crisi. Sono state fatte scelte estremamente sbagliate, a mio avviso, a livelli differenti della piramide libraria. Oggi stiamo pagando le scelte errate di un passato non troppo lontano. Per quanto riguarda le relazioni fra librai esistono diverse associazioni che, temo però, ormai sono diventate portavoce solo di una fetta di mercato. Poi ci sono le scuole librai che ti permettono di vivere in una specie di realtà onirica, nel senso che viene mostrata una realtà lontana anni luce da quella che poi noi librai viviamo quotidianamente.

D: A quali scelte sbagliate ti riferisci, in particolare?

R: Agli accordi commerciali fra case editrici e librerie che hanno permesso di far entrare in quantità enormi prodotti dallo scarso valore culturale, pompati in maniera quasi ridicola grazie al marketing, alle vetrine comprate, alle recensioni “tutte positive” e molto altro. Ma anche all’idea che un libraio preparato, invece che essere un valore per le librerie, è un problema a causa dei costi. Meglio fare contratti a chiamata utilizzando personale non qualificato. Avevo un’amica che lavorava per una famosa catena di librerie (che è anche casa editrice e distributore) le facevano contratti di mese in mese e l’avvertivano il giorno prima della scadenza. Oggi lavora lavorare all’estero.

D: “Quello del libraio è un mestiere che in quanto tale sta scomparendo”, ci ha detto ieri Rosa Addeo della Libreria Croci di Varese. “Oggi possono arricchirsi vendendo libri anche coloro che non ne hanno mai letto uno in vita loro”, la vendita di libri è un commercio del tutto simile a quello di qualsiasi altro prodotto, senza alcuna specificità aggiunta. Prova ne sia, delle sue parole, che colossi della vendita di libri online come Amazon smerciano qualsiasi tipo di prodotto, dalle scarpe agli stuzzicadenti. Sembra che del libraio si possa fare del tutto a meno, o che sia diventato poco più che un commesso, e non appunto un conoscitore di libri che allestisce il suo spazio, consiglia, sceglie la sua offerta, cura la sua clientela. Tu come vivi questa trasformazione in atto, condividi che sia davvero questo ciò che avviene, prima di tutto, e credi che ci sia ancora un futuro per il ‘mestiere’ del libraio?

R: Mi trovo, purtroppo, tristemente d’accordo con la collega Rosa Addeo. Ha ragione, il nostro è un mestiere che sta già scomparendo. Questo accade a causa delle stesse scelte dirigenziali sbagliate a cui accennavo prima. La verità è che il lavoro in libreria è un lavoro prettamente “umano”, il libraio o la libraia non smettono mai di essere tali. Vendere libri non è come vendere un paio di scarpe, non devi solo conoscere un prodotto, lo devi amare e devi amare ogni cosa che riguarda la cultura. Devi essere sempre pronto, conoscere la quotidianità e gli avvenimenti tenerti informato sul cinema, il teatro, la musica. Oggi molti di noi non riescono nemmeno più ad andare alle fiere del libro, ci vengono date sempre meno informazioni mentre i prodotti che vengono immessi sul mercato sono sempre di più. Pensano che basti mettere i libri in ordine di autore, sacrificando anche i classici, per vendere. Ma non è così. Il risultato è che in libreria entrano sempre più spesso persone disinteressate al libro mentre le lettrici e i lettori forti vanno su Amazon o IBS, fanno le proprie ricerche in internet e si arrangiano. Stiamo distruggendo quel po’ di amore per la letteratura che ancora esiste. La cosa più grave è che ormai “l’oggetto” libro è inteso solo come oggetto economico e non come oggetto culturale. Vendere una scatola di pennarelli o vendere un libro, ormai, è la stessa cosa. Non si da più nessun valore al libro, basti vedere quello che arriva in libreria. Molti editori non guardano più alla bellezza della storia ma alla sua vendibilità. E non importa se il libro fa pena, per vendere basta un buon marketing.

D: Se dovessi definirli in breve, quali credi che siano i tratti salienti del mestiere del libraio?

R: Preparazione, cultura, curiosità, gentilezza, umiltà e amore per il libro.

D: Parliamo per un attimo dei bestseller che hanno fatto ‘boom’ negli ultimi anni. Questo è stato l’anno delle 50 sfumature di grigio, rosso, e nero, e conseguenti parodie uscite praticamente in contemporanea con i libri. Molti librai ritengono che il successo di questa trilogia sia stato interamente pilotato dall’alto, pompato con pubblicità e varie pressioni sul marketing anche nei riguardi delle librerie. E’ pur vero, tuttavia, che il precedente boom letterario che ha fatto scalpore, quello della saga di Twilight, ha avuto una dinamica differente. I primi libri sono stati accompagnati da una promozione modesta, e l’attenzione sul fenomeno è cresciuta tramite il passaparola delle giovani lettrici in particolare, si è dovuto aspettare il terzo volume della saga perché i vampiri di Twilight fossero sulla bocca di tutti, oltre che al cinema. Inoltre la quadrilogia più appendici ha richiesto il suo tempo per essere pubblicata, mentre nel caso di 50 sfumature abbiamo 3 libri, dal titolo pressoché identico, di una supposta trilogia, che escono contemporaneamente. In base alla tua esperienza di professionista che idea ti sei fatto di questi ‘boom letterari’, quali sono le dinamiche che li motivano, e che effetti hanno complessivamente sull’universo dei lettori e dell’editoria, almeno in Italia?

R: 50 sfumature fa parte del prodotto “cotto e mangiato”; lo si stampa, si crea curiosità, si fa pubblicità, lo si butta sul mercato e poi si passa al nuovo genere. Per Twilight è andata diversamente principalmente perché le lettrici e i lettori hanno amato i personaggi e la storia (che io trovo piena di incredibili scopiazzature ma, magari, un ragazzo di 16 anni che non ha grosse letture alle sue spalle non può saperlo). L’autrice ha seguito il mito dell’eterna bellezza, hai questi personaggi belli, tormentati, eterni che si struggono d’amore. Non sono “assassini” perché non bevono il sangue umano ma quello animale  (e quindi sono molto più simili a noi umani anche se, da vegetariano, la cosa mi fa ugualmente orrore), non hanno paura delle croci, non muoiono se esposti al sole al massimo “brillano”. Insomma sono personaggi ghiotti per inguaribili romantici. Lo aveva già fatto Anne Rice con intervista col vampiro, aveva sovvertito le regole classiche che volevano i vampiri creature orribili, assetate di sangue, che morivano con un paletto conficcato nel cuore o alla luce del sole. Il povero Bram Stoker non interessa più, il suo Dracula, anche se rimane un capolavoro della letteratura, non interessa i giovani in cerca di “bellezza” e “vita eterna”.

D: Sei il Noé dell’editoria italiana, ma con la tua arca puoi salvare solo 3 cose: quali sono le tre cose che salvi?

R: I libri. I librai. I clienti.

D: Quali sono invece 3 cose dell’editoria che butteresti senza scrupolo giù dalla rupe?

R: Gli addetti al marketing. I direttori commerciali. Alcuni editori.

D: Come ultima domanda vorrei chiederti: in questo momento a Mantova c’è un importante evento in concorso che festeggia la letteratura. L’edizione di quest’anno del Festivaletteratura è senz’altro significativa, sia come reazione di un’intera città al terremoto che solo pochi mesi fa ha colpito l’Emilia e anche il mantovano, sia per far fronte alla crisi attuale dell’editoria e in generale della lettura. Per noi di Bibliocartina che (nostro malgrado, poiché non abbiamo potuto partecipare solo per cause di forza maggiore) osserviamo dal di fuori il programma, la sensazione è tuttavia quella di un evento un po’ bulimico – come d’altra parte è tradizione, a Mantova – che compensa con la quantità di offerta la scarsa qualità di riflessione e di proposta culturale attuale. Non abbiamo trovato, in cartellone, alcun evento che ci ha fatto pensare ‘imperdibile’, ma tantissimi piccoli eventi “carini” o mediamente “interessanti”. Tu che sei anche un autore letterario, che opinione ti sei fatto di eventi come questo, e come si legano secondo te alla realtà della letteratura attuale?

Credo che qualsiasi iniziativa culturale vada presa sul serio visto il preciso momento storico che stiamo vivendo. Tuttavia penso che anche molte di queste iniziative, così come molti premi letterari, si siano svuotati di significato. Oggi, purtroppo, non è la qualità del prodotto a spingere il prodotto stesso, ma il marketing.

Varese, la storica libreria Croci chiude e punta tutto sull’online. “Il nostro mestiere sta scomparendo, ormai si possono vendere libri senza averne mai letto uno”.

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Una libreria storica che chiude i suoi locali e decide di dedicarsi alla sola vendita online: succede in questi giorni a Varese ed è la Libreria Croci, nata negli anni ’50 nel centro della città lombarda e da 11 anni gestita da Rosa Addeo e altri due soci. “Con i nostri libri eravamo presenti su internet già da due o tre anni”, ha spiegato la Addeo a Bibliocartina.it, “usando questo canale in particolare per i volumi usati o fuori catalogo. Il commercio online della libreria, tramite ebay o altri siti specializzati per la vendita di libri usati quali Maremagnum.com o Comprovendolibri.it  sta dando buoni risultati, mentre così non avveniva più con il negozio, che in particolare nell’ultimo anno ha registrato un calo forte di clientela dovuto alla crisi e al fatto che come sappiamo, quando mancano i soldi è la cultura è una delle prime voci da cui si taglia. Ragionando fra i soci abbiamo dunque deciso di tagliare i tanti costi di gestione relativi al negozio, e re-imparare, per certi versi, il nostro mestiere, dedicandoci tutti e tre allo spazio di vendita online, mentre prima lo faceva soltanto uno di noi”. Un cambiamento che “non abbiamo vissuto tutti nello stesso modo, c’è chi di noi è più concentrato sul domani, chi vive questa chiusura con maggiore mortificazione. Di certo”, spiega Rosa Addeo, “il contatto con le persone per un libraio che ama il suo mestiere è importante. Si tratta appunto di un mestiere, che richiede competenza e informazione per poter informare; un tempo era impensabile essere dei bravi librai senza aver letto il più possibile ciò che si vendeva e si consigliava, oggi siamo arrivati al paradosso che possono vendere libri anche persone che non ne hanno mai letto uno in vita loro“, commenta la titolare. Un mestiere intero, dunque, quello del libraio, che si sta perdendo o minaccia di perdersi per lasciar posto al commercio impersonale. “In realtà è anche il mercato dei libri che sta diventando sempre più impersonale; le librerie sono luoghi ogni giorno più uguali, tutti splendenti e luminosi, tutti con le stesse pile di titoli. La scelta di uniformarsi è certamente imposta dai grandi editori con le librerie di catena, ma coinvolge tutti gli anelli: da una parte ci sono i grandi editori-distributori-librai che godono di immensi vantaggi, vantaggi che la legge Levi sul prezzo del libro – ricorda la Addeo – non ha scalfito, visto che gli sconti, come si nota bene facendo un giro in libreria, li si continua ad applicare come si vuole; dall’altra però ci sono gli stessi lettori che sembrano sempre più condizionati dalla pubblicità e a volte, inspiegabilmente, entrano in libreria senza curiosità per ciò che hanno attorno, poco disposti a farsi consigliare un titolo, chiedono solo la hit del momento. Non farsi condizionare da queste tendenze di mercato e di gusti  continua la Addeo – è molto complicato. Come librerie indipendenti non abbiamo quasi alcun potere di contrattazione nei confronti degli editori. Noi ci abbiamo provato a seguire la nostra strada, però facendo fatica. D’altro canto, per tante altre librerie la scelta di uniformarsi non ha pagato di più: hanno perso la loro specificità e alla fine hanno chiuso o stanno chiudendo comunque”.

Il cambiamento in senso sempre più omologato dei gusti e della clientela, l’assottigliamento evidente del bacino dei lettori in Italia, però d’altro canto le possibilità aperte dalle nuove tecnologie hanno suggerito alla libreria Croci non di chiudere, ma di rinnovarsi radicalmente, cambiando modo di lavorare e creandosi un concetto di clientela del tutto nuovo: “attraverso il nostro negozio ebay vendiamo volumi usati o fuori catalogo, non libri antichissimi ma collezioni di volumi ad esempio degli anni ’30, e li spediamo non soltanto in tutta Italia o in Europa ma in tutto il mondo; ci contattano fin dal Giappone per acquistare i nostri libri e spesso sono non soltanto studiosi ma anche biblioteche o istituzioni estere; c’è un mercato di nicchia del libro usato e fuori catalogo che è internazionale, che è in salute; non va informato o consigliato perché sa già quello che cerca, ma va comunque servito, anche se in modo diverso da prima. Puntiamo su di loro per continuare a crescere”.

Anche ai supermercati interessano gli ebook. In Gran Bretagna il colosso Tesco acquisisce l’azienda dello scrittore Andy McNab.

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“Dimmi che ebook compri e saprò che spesa fai”: il colosso britannico della grande distribuzione Tesco entra nel mercato degli ebook acquistando dallo scrittore Andy McNab la piattaforma per la vendita di ebook Mobcast, fondata nel 2007. L’affare vale circa 5 milioni di euro ed è un altro passo per l’ingresso dell’azienda nel mercato digitale, segue infatti l’acquisizione di un servizio di radio via internet personalizzato WE7 nel giugno di quest’anno, e di Blinkbox, un fornitore di servizi video on demand, a fine 2011. 

Perché questa mossa di Tesco? Secondo quanto sostengono vari commentatori, l’ingresso nel mercato degli ebook o delle radio digitali è un modo per rafforzare il proprio core business – la vendita al dettaglio nei supermercati e ipermercati – acquisendo dati e informazioni digitali sulla propria clientela, in modo da poter piazzare meglio pubblicità e promozioni sui propri prodotti di prima linea, ovvero i generi di consumo al dettaglio. “Entrare nel ciclo dei consumi elettronici di una famiglia”, ha dichiarato ai media locali l’amministratore delegato di Tesco Digital Entertainment Michael Comish, “è un modo per capire con più regolarità che cosa consumano nel mondo reale. Tesco è un’impresa non conosciuta in Italia, dove non ha mai cercato di aggredire il mercato, ma presente in più di 13 paesi del mondo e dà lavoro a più di 500mila dipendenti.

Andy McNab (uno pseudonimo) è un ex militare dei corpi speciali britannici e scrittore di thriller di grande fama anche in Italia, dove viene pubblicato da TEA. Molti dei suoi libri sono stati tradotti in Italia da Stefano Tettamanti, famoso scrittore, agente letterario e traduttore dall’inglese di tanti autori thriller di livello, tra cui Michael Connelly e George Pelecanos. L’azienda diretta dall’autore, fondata nel 2007 insieme con l’attuale amministratore delegato Tony Linch, detiene al momento un catalogo di 130mila titoli in Gran Bretagna, disponibili per smartphone, e-reader e tablet. In più Mobcast offre un servizio cloud ai suoi utenti, che permette loro di costruirsi una libreria online non dovendo più, quindi, effettuare a tutti i costi il download del libro sul singolo dispositivo di lettura.

USA: cartello sul prezzo ebook, rimborso ai lettori per 69 milioni di dollari

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Tre dei cinque editori sotto accusa negli Stati Uniti per cartello sul prezzo degli ebook hanno raggiunto un accordo del valore di 69 milioni di dollari di risarcimento per i lettori.

L’accordo, annunciato in termini generali già nei mesi scorsi, è stato firmato da Hachette Book Group, HarperCollins e Simon & Schuster, tre grandi gruppi editoriali accusati dal Dipartimento di Giustizia USA di aver violato le norme sulla concorrenza insieme ad altre tre grandi aziende – gli editori Penguin Group e MacMillan e il colosso dell’elettronica Apple – e di aver costituito un cartello sul prezzo degli ebook, con conseguente danno per i consumatori. I termini dell’accordo, firmato da ciascuna casa editrice con Apple, prevedevano che l’editore fissasse un prezzo per la vendita dei titoli sulla piattaforma iTunes, e che il rivenditore – in questo caso Apple – prelevasse il 30% del prezzo. La legge americana, tuttavia, prevede che gli editori vendano i loro titoli alle librerie a metà del prezzo di copertina, lasciando così ai rivenditori la possibilità di applicare o meno sconti e fissare il prezzo finale. Una legge che secondo il Dipartimento di Giustizia rimane perfettamente in vigore anche quando i prodotti editoriali sono in formato digitale.

Come riportano alcuni quotidiani americani tra cui il Baltimore Sun, l’accordo raggiunto dalle 3 editrici prevede un rimborso agli acquirenti di ebook  per un importo totale di 69 milioni di dollari, equivalenti a una cifra tra i 25 centesimi e gli 1,32 dollari per libro. L’entità del risarcimento dipenderà dalla posizione del titolo acquistato nella classifica dei bestseller pubblicata dal New York Times, e dalla data di acquisto del libro (il periodo interessato è compreso fra il 1° aprile 2010 e il 21 maggio 2012). I rimborsi potrebbero essere convertiti in buoni sconto per l’acquisto di ulteriori titoli, questo se non altro è l’auspicio delle librerie di ebook, che si sono già dette disponibili a procedere in tal senso. Le tre aziende dovranno inoltre versare 1,7 milioni di dollari complessivi di risarcimento agli stati americani. L’accordo è in attesa di ratifica da parte del Tribunale Distrettuale americano competente.

Continua, invece, la controversia giudiziaria con gli altri tre gruppi sotto accusa: Apple, Penguin e McMillan non hanno raggiunto accordi con il Dipartimento di Giustizia e si presenteranno per tanto in aula. Il processo è stato fissato entro giugno 2013.

 

Ebook: USA, le librerie indipendenti venderanno gli ebook di Kobo. Finisce la partnership con Google

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Le librerie indipendenti facenti capo all’American Booksellers Association venderanno d’ora in poi ebook nei loro siti web e negozi tramite Kobo. L’accordo firmato tra l’ABA e l’azienda nippo-canadese sostituisce quello precedente con Google, ma era stata in realtà proprio l’azienda di Mountain View ad annunciare, mesi fa, la volontà di chiudere la partnership con ABA per la vendita di ebook nelle librerie indie americane, comunicando che l’accordo non si era poi rivelato così fruttuoso come previsto e svelando fra le righe la volontà di concentrare tutte le forze sulla nuova piattaforma Google Play. L’accordo, ufficialmente comunicato oggi, interesserà circa 2000 librerie indipendenti in tutto il territorio statunitense iscritte alla storica associazione (112 anni di vita), e riguarderà la vendita di ereader e accessori Kobo e oltre 3 milioni di titoli, che saranno disponibili tanto nei negozi quanto nei siti internet delle librerie.

Kobo attualmente conta più di 10 milioni di utenti in 190 paesi, e oltre a una linea di eReader e alla sua piattaforma di titoli commercializza anche un’app dedicata all’auto-pubblicazione, Kobo Writing Life. Un operatore a tutto tondo del mondo dell’editoria digitale, le cui pubblicazioni si basano su piattaforma aperta leggibile da qualunque dispositivo.

Partner esclusivo di Kobo per l’Italia è Mondadori, che a partire da questo autunno venderà i dispositivi Kobo Touch per l’e-reading nelle sue librerie e circa 4.000 ebook tramite la piattaforma Digital Reading Solution.