Carocci Editore, i lavoratori: “Qui non c’è mai stato un piano commerciale”. I dipendenti in cassa integrazione già da un anno
"Da quando Il Mulino ha acquisito Carocci Editore nel 2009, questa azienda non ha mai avuto un vero piano commerciale. Qui a Roma non è mai esistita una figura di direttore commerciale, non c'è mai stato nessuno che si preoccupasse di gestire i rapporti con le librerie. Si è campato d'inerzia sperando che il prestigio acquisito negli anni continuasse a fruttare, forse, in ogni caso senza nessuna strategia adeguata da parte del gruppo. Per alcuni versi lo dimostra il fatto che l'azienda di promozione di proprietà del gruppo, Promedi, non si è mai più di tanto preoccupata in questi anni dei titoli realizzati qui a Roma, preferendo concentrarsi su quelli del Mulino. E oggi, 17 persone su 32 in azienda rischiano di rimanere disoccupate a breve."
Questo è il commento rilasciato a Bibliocartina da una delle persone che lavorano presso Carocci, mentre in questi giorni sta rimbalzando in rete la notizia del licenziamento di 17 dipendenti su 32 per la storica University Press italiana; una petizione per il rilancio della casa editrice è stata già firmata a oggi da più di 1.000 persone, fra cui noti intellettuali italiani come Alberto Asor Rosa, Tullio De Mauro e altri. E le iniziative sui social network prese dai lavoratori stanno ottenendo grande riscontro in poco tempo. Su IlLibraio si trova inoltre un commento dell’amministratore delegato dell’azienda Giuliano Bassani.
L’azienda, fondata nel 1980 da Giovanni Carocci (già fondatore de La Nuova Italia Scientifica) e acquisita nel 2009 dalla società editrice Il Mulino (altra importante University Press), è oggi parte del gruppo Edifin, un gruppo editoriale proprietario anche della società di promozione editoriale Promedi. L’azienda pubblica più di 350 titoli l’anno, quasi un libro al giorno, suddivisi in numerose collane. Eppure, lamentano i lavoratori, in questi anni “piuttosto che investire in una strategia commerciale adeguata, si è preferito finanziare progetti collaterali anche di alto livello per carità, come il progetto di cartoleria italiana “writeit“, che però non hanno nulla a che fare con il core business, che sono costati molto e il cui rendimento, per il momento, è ignoto.”
Per i dipendenti dunque “le avvisaglie di questa situazione c’erano già da tempo. I problemi con l’azienda sono iniziati per la precisione il 16 dicembre 2013, giorno in cui siamo entrati tutti in cassa integrazione straordinaria a 1 giorno la settimana”, ci viene spiegato. “In quella circostanza non dicemmo nulla, come lavoratori mettemmo avanti il bene dell’azienda. Se avessimo fatto trapelare la notizia che eravamo in cassa integrazione, con quale fiducia avrebbero potuto i partner di Carocci acconsentire a progetti editoriali che prevedono l’ingresso in catalogo di un titolo per un periodo di 10 anni almeno? Qui siamo in 32: 11 redattori, circa 6 o 7 fra editor e responsabili della programmazione editoriale, altri preposti ad amministrazione, ufficio stampa, segreteria, ufficio rapporti con l’Università. Alcuni lavorano in azienda da decenni, ma il criterio con cui saranno decisi i licenziamenti non sarà, secondo quanto ne sappiamo, quello dell’anzianità. Infatti è il comparto redazionale nella sua totalità che sarà accompagnato verso il licenziamento, oltre ad alcuni impiegati di amministrazione. Nel frattempo, l’azienda ha previsto l’apertura di un nuovo service editoriale di proprietà del gruppo; si chiamerà Edimill e avrà sede a Bologna, si occuperà di redazione e assumerà, ci possiamo immaginare, l’incarico di redarre anche i titoli Carocci al posto nostro”.
I dipendenti dell’azienda, “dimostrando un’unità di cui ci siamo stupiti noi stessi”, hanno iniziato a protestare più veementemente – raccontano – solo a settembre di quest’anno, quando a distanza di mesi “il piano editoriale per il rilancio del gruppo, che ci era stato detto avremmo ricevuto a luglio, non era ancora stato presentato ai lavoratori. In compenso al ritorno dalle ferie, invece della cassa integrazione a un giorno la settimana per tutti come promesso, ci è stata proposta una cassa integrazione a zero ore per i redattori. In quella circostanza ci siamo opposti e abbiamo espresso tutte le nostre rimostranze, ma non l’abbiamo fatto a sufficienza. Per recare veramente disagio all’azienda avremmo dovuto scioperare e bloccare la produzione già a settembre. Invece abbiamo ottenuto grazie alle nostre proteste un passo indietro solo momentaneo. A dicembre, il piano presentato dall’azienda prevedeva di nuovo cassa integrazione straordinaria per 14 persone, e cassa integrazione a zero ore per altre tre persone. A questo abbiamo deciso di opporci con tutte le nostre forze ma finora, oltre alle solite frasi di rito, non abbiamo ottenuto nessun incontro, né si è mai aperta una trattativa contrariamente a quanto sostiene l’azienda, perché le rappresentanze sindacali che hanno ricevuto il piano aziendale non potevano certo trattare nello stesso momento in cui hanno ricevuto il piano, senza essersi prima consultate con i lavoratori. La verità è che la trattativa deve ancora iniziare e attendiamo la convocazione per i prossimi giorni. Il destino di quest’azienda non è già segnato. Basterebbe la volontà di portarla avanti, di mantenere in vita il marchio Carocci e la sua storia, attraverso un piano commerciale reale e degno di questo nome.”
Aggiornamento del 16/12: l’azienda ha inviato un comunicato stampa, come leggiamo sempre sul sito de Il Libraio: “Ci è dispiaciuto che si sia voluta attribuire alla proprietà una deliberata volontà di ridimensionare, se non addirittura di cancellare, la casa editrice romana”, si legge in un comunicato. Nel testo si parla di “ristrutturazione aziendale” e di “decisione, dolorosa, ma che rappresenta una svolta importante e l’unica garanzia di un futuro per l’editore e per la sua autonomia negli anni a venire”. È stata la convinzione dell’importanza del ruolo svolto da Carocci a spingerci alla decisione d’intervenire con il piano industriale presentato mercoledì scorso, il cui tratto principale – vale la pena ricordarlo – consiste essenzialmente nella esternalizzazione del lavoro redazionale. In tale contesto, il fatturato consolidato è passato dalla fase stagnante degli anni 2008-2011 alla fase di contrazione: come tutti gli editori italiani, Carocci editore ha visto decrementare il proprio fatturato del 15% nel triennio 2012-2014. Con ogni evidenza, un fatturato pari all’incirca a cinque milioni, nonostante lo straordinario risultato ottenuto nel contenimento di tutte le linee di costo, non consente più una marginalità tale da sostenere una struttura organizzativa invariata rispetto al periodo pre-crisi”.
Tags: Carocci Editore, Edifin, Edimill, editoria universitaria, Giuliano Bassani, Il Mulino, writeit
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Commenti (2)
Claudio Ambrosini
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E’ veramente scandaloso che per mala gestione o, ancora peggio per un disegno strettamente economico, si possano gettare nella disperazione delle persone umiliandole nel diritto al lavoro disperdendo oltretutto risorse e intelligenze.
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Scioperare per lavorare? | metagrapho
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[…] 2) Analoghe osservazioni ben circostanziate sono riportate dalla viva voce di uno degli impiegati a rischio licenziamento nell’articolo di Bibliocartina datato 15 dicembre. […]
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