Traduttore editoriale: un mestiere bellissimo se ne hai un altro. Donna, lavora tanto e guadagna molto poco, ecco il profilo di chi traduce libri

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Il sindacato dei traduttori editoriali Strade, in collaborazione con il Sindacato dei lavoratori della Comunicazione Slc-Cgil ha presentato questa mattina a Roma il rapporto “Dalla parte dei traduttori”, elaborato dai ricercatori dell’IRES Emilia Romagna Daniele Dieci, Carlo Fontani, Florinda Rinaldini.

L’inchiesta è nata dalla volontà di approfondire l’indagine già avviata un anno fa con la pubblicazione del rapporto “Editoria invisibile” sui lavoratori dell’editoria. Circa un terzo dei 1073 lavoratori che all’epoca avevano risposto all’inchiesta erano infatti traduttori (342 testimonianze). L’inchiesta “Dalla parte dei traduttori” non si basa dunque su nuove interviste, ma sulla rielaborazione specifica di quelle svolte per “Editoria invisibile”. Il cui quadro risulta comunque, a distanza di un anno, in una parola: inquietante.

Un lavoro per lo più femminile e iperspecializzato – L’81,9% dei traduttori intervistati sono donne (il 7% in più rispetto al campione generale dei lavoratori dell’editoria). Ne 95,2% dei casi sono di nazionalità italiana, nel 91,4% dei casi in possesso di un titolo di studio uguale o superiore alla laurea, e in un caso su tre dispongono di titoli post-laurea come Master e dottorato di ricerca (nel panorama del mondo del lavoro nazionale questo è vero solo per il 18,7% dei lavoratori). Sono giovani, ma meno giovani della media dei lavoratori editoriali. Il 75% dei traduttori intervistati opera in regime di pluricommittenza, circa il 32% lo fa in cessione dei diritti d’autore ma il 26% dei traduttori lavora a collaborazione occasionale, il 13,5% con contratti a progetto e il 5,2% è un lavoratore dipendente. Il 18,6% dei traduttori ha lavorato in nero nell’anno precedente l’inchiesta (curiosamente, la percentuale quasi raddoppia fra i traduttori maschi: ha lavorato in nero più del 33% dei traduttori di genere maschile). Circa il 62,5% dei traduttori intervistati svolge almeno due mansioni all’interno della filiera editoriale, circa il 50% ne svolge almeno 3. “L’attività del traduttore – dichiara il rapporto – appare essere fortemente legata all’attività di scouting e ricerca documentale, così come appare forte la relazione tra traduzione e correzione di bozze, cura dell’editing e fase di revisione del prodotto editoriale“.

Tradurre libri non paga, e se sei femmina paga ancora di meno –  La conclusione è netta e inevitabile in base ai dati del rapporto. Il 59,3% dei traduttori dichiara infatti di percepire una retribuzione lorda annuale inferiore ai 15mila euro, il 16% ne dichiara addirittura meno di 5mila nel corso dell’intero anno. Il 19% afferma di poter contare su un reddito lordo annuale compreso tra 15mila e 20mila euro, poco più di un decimo del campione si colloca nella fascia di reddito 20-30mila euro e solo tre intervistati su cento percepiscono una retribuzione superiore ai 30mila euro annui. Anche per i traduttori si confermano – e addirittura si accentuano – i forti differenziali retributivi tra le donne e gli uomini intervistati. Più di sei donne su dieci (il 64,4%) percepiscono una retribuzione lorda annuale inferiore ai 15mila euro a fronte del 36,7% dei maschi nella medesima condizione (quasi ventotto punti percentuali di differenza, a svantaggio della componente femminile), con una diminuzione della presenza femminile nelle fasce di reddito più alte molto più marcata che nel resto dell’intero campione indagato. Più del 68% dei lavoratori sotto i 35 anni percepisce un reddito inferiore ai 15mila euro l’anno. Le tariffe medie nette vanno dai 12,5 ai 15,2€. Ma in questo caso non c’è differenza tra maschi e femmine, anzi la media delle tariffe più elevate è leggermente inferiore nei traduttori maschi (14,3€ contro i 15,4€ delle donne). Redditi più alti non sono dunque legati a tariffe superiori, ma a una maggiore continuità lavorativa da parte degli uomini (il 40% di chi guadagna meno di 5.000 euro l’anno dichiara di aver lavorato per meno di 8 mesi l’anno). In generale, il carico di lavoro dei traduttori è disumano: il 76,5%  dichiara infatti di superare, “in fase di alta intensità lavorativa – o di picco – la paradigmatica soglia delle 40 ore settimanali”. Ma il dato più significativo è che circa un terzo dei traduttori oltrepassa regolarmente la soglia delle 40 ore di attività lavorativa settimanali. 8 lavoratori su 10 lavorano a casa propria e circa 6 su 10 svolgono percorsi di formazione cui nel 98% dei casi provvedono di tasca propria.

“Bel lavoro”, ma per campare bisogna averne anche un altro “Bel lavoro, ma si fa la fame” è stato il commento lapidario di un traduttore/traduttrice in calce all’intervista, e non è un commento isolato. L’84% dei traduttori afferma di non vedere nessuna prospettiva di sviluppo di carriera. Un intervistato su tre (33,6%) considera il lavoro nell’editoria imprevedibile e il 36,9% lo considera pieno di rischi ed incognite. Il 54,8% svolge un altro lavoro (quasi il 18% in più rispetto ai lavoratori dell’editoria nell’assieme), dalla segretaria all’insegnante al direttore di collana, all’editore, dunque con un elevatissimo grado di frammentarietà lavorativa. In scala da 1 a 10, il grado di soddisfazione espressa rispetto al reddito percepito, all’attività svolta e alla possibilità di condurre una vita dignitosa è molto basso: il 3,3 appena. Se, nel complesso, infatti, chi dichiarava di disporre/aver bisogno di altre entrate era il 70%, per un traduttore questa percentuale sale al 90%. Nella classifica dei lavori meglio retribuiti del settore editoriale, i traduttori si collocano al sedicesimo posto (al primo posto ci sono i direttori editoriali, e curiosamente gli Uffici Stampa si collocano sotto i traduttori: dopo i Commerciali sono gli addetti del settore peggio retribuiti). In generale, questo gruppo vede il futuro lavorativo contraddistinto dalla cifra dell’incertezza, anche se in misura minore di quanto emerso dall’inchiesta nel suo complesso. In effetti, il 70% dei traduttori prevede, nell’arco dei prossimi tre anni, un futuro lavorativo alquanto incerto (contro il 76,2% dell’intero campione). Il 14,9% del totale lo immagina “così com’è ora”, in linea con il dato generale dell’inchiesta, e – dato “sorprendente” – il 14,6% dei traduttori lo vede “pieno di possibilità e occasioni (rispetto ad appena l’8% del campione).

 

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