Gli italiani leggono sempre di meno: verità o luogo comune?

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Dal 1995 a oggi la percentuale di italiani che leggono almeno un libro l’anno è aumentata del 7% circa. Secondo i dati recentemente divulgati dall’Istituto Nazionale di Statistica (ISTAT) nel 2012 ha infatti letto almeno un libro l’anno il 46% degli italiani dai 6 anni in su (ed escludendo i libri letti per ragioni solo scolastiche o solo professionali). Migliore di questo, da 17 anni a questa parte, è stato solo il dato del 2010 in base al quale leggeva il 46,8% degli italiani. Ma nel 1995 erano il 39,1%, nel 1999 il 38,3%, nel 2005 il 42,3%.

Differenziando in base all’età, è per esempio innegabile l’aumento significativo dei lettori per alcune fasce d’età. Quella tra i 55 e i 59 anni ha registrato la crescita più alta: nel 1995 leggeva il 28,7% degli italiani di questa fascia d’età, nel 2010 il 49,2% (una crescita che sfiora il 20%), e nel 2011 il 45,6%. Gli italiani lettori tra i 45 e i 54 anni erano il 37,3% nel 1995 e il 48,2% nel 2011, una crescita che sfiora l’11%.

Il passo indietro più significativo all’interno di un trend dunque nettamente positivo è quello fra il 2010 e il 2011, l’anno in cui la crisi economica internazionale ha inciso più pesantemente comportando per milioni di persone la perdita del lavoro, la cassa integrazione, la scoperta di aporie vere e proprie all’interno del sistema economico italiano quali il fenomeno degli esodati, e così via. Le percentuali del numero di lettori sono sempre nettamente inferiori alla metà della popolazione, a significare che gli italiani che leggono per diletto sono minoranza nel paese. L’uso di internet tramite PC e cellulari è più diffuso di quello dei libri, e riguarda il 52,2% delle persone dai 6 anni in su (lo usa per esempio l’88,9% dei giovani tra i 15 e i 17 anni, versus il 58,5% di lettori della stessa età). Di contro, visite a musei e siti archeologici interessano nel 2011 il 29,7% degli italiani (stessa percentuale per uomini e donne).

Tornando alla lettura, la differenza di percentuale tra le donne che leggono almeno un libro l’anno e gli uomini è considerevole: legge il 51,8% delle donne nel 2011, il 38,5% degli uomini. Nel 1995, leggevano invece il 43,6% delle donne e il 34,3% degli uomini.

Le cifre divulgate dai vari istituti di ricerca in merito alla diffusione della lettura in Italia differiscono, tuttavia, in molti casi le une dalle altre giacché si basano su universi di riferimento differenti. Vale la pena operare dunque una considerazione di tipo metodologico: capire quali sono i criteri di svolgimento di una ricerca sociale (e spiegarli e possibilmente motivarli con chiarezza, dal punto di vista dell’Istituto che la compila) è indispensabile per evitare di cadere nelle banalizzazioni e in conclusioni affrettate. Altrettanto, è probabilmente indispensabile capire quale dato risponde meglio all’interesse di chi usa una ricerca. Per dare un’idea, il CENSIS calcola il numero di lettori dai 14 anni in su e non fa distinzioni tra lettura di tipo professionale o scolastica e d’intrattenimento, giungendo a cifre nettamente diverse da quelle dell’ISTAT. Nel 2007, secondo il CENSIS, leggeva almeno un libro l’anno il 59,4% degli italiani, nel 2012 il 49,7%: un calo del 9,7% in soli 5 anni. L’AIE, come l’ISTAT,  prende in considerazione l’universo (generico, non solo di lettura d’intrattenimento) dei lettori con più di 6 anni di età; l’istituto Nielsen che fornisce le ricerche al Cepell (Centro per il libro e la lettura) considera i lettori con più di 14 anni d’età. Non si tratta tanto d’auspicare l’adozione di un unico criterio, quanto forse di esigere una maggiore cura nella spiegazione dell’universo di popolazione preso a riferimento.

Dal 2010 al 2012 c’è stato un calo effettivo nel numero dei lettori di libri, in coincidenza con la crisi economica, culturale, politica e sociale. Questo è l’unico dato unanimemente registrato da tutti gli istituti di ricerca. Rimane il dubbio se esso sia sufficiente a stabilire o meno che in Italia è in atto un progressivo abbandono della lettura da parte delle persone come vuole la percezione imperante (. Tornare ai dati, in ogni caso, è probabilmente l’unico modo per evitare di cadere in luoghi comuni che rischiano di non aiutare chi si dedica alla promozione della lettura, in un punto o in un altro dell’ecosistema (come l’ha definito l’Osservatorio degli editori indipendenti ODEI) complesso del libro.

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