“Editoria invisibile”: in attesa di un tavolo di trattativa, cosa possono fare i lavoratori? (Parte II)

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Può un mercato del lavoro così smaccatamente individualistico come quello editoriale, come analizzavamo ieri nella prima parte dello speciale su “Editoria invisibile”,  sperare di uscire dalle secche del precariato e dello sfruttamento?

La giornata di lunedì 13 maggio dedicata a “Editoria invisibile – Dall’inchiesta alla proposta” di cui abbiamo iniziato a parlare ieri era espressamente volta a individuare possibili percorsi per fuoriuscire da una situazione lavorativa disperante come quella dei professionisti dell’editoria. In che cosa consiste la proposta del titolo? “Sostanzialmente ciò che abbiamo proposto è di sederci di fronte a un tavolo e discutere”, ha dichiarato a Bibliocartina Francesco Aufieri, che l’ha presentata a Milano per il sindacato lavoratori della comunicazione SLC-Cgil. Ciò che, in collaborazione anche con Re.re.pre (Rete redattori precari) la SLC-Cgil ha fatto è stato “individuare fra i numerosi ruoli che compongono la filiera editoriale quali sono quelli effettivamente contrattualizzabili, e trasformabili in un percorso di lavoro subordinato stabile, rispetto invece ad altri ruoli che possono effettivamente ricollegarsi a forme di lavoro autonome, quali i traduttori, i correttori di bozze, gli stessi redattori”. Aufieri si è detto “molto soddisfatto della presenza di figure importanti anche tra le controparti; ora ci aspettiamo che la nostra proposta venga apprezzata”. Ma stiamo forse parlando di un settore industriale e merceologico interamente nuovo, che ha bisogno di definire figure professionali a tutt’oggi poco chiare, per potersi regolamentare? Evidentemente no.

Un contratto nazionale che non vale niente? – Un CCNL Grafici editoriali esiste in realtà già da tempo, l’ultima versione è scaduta il 31 marzo 2013 e non si prevedono rinnovi perché “le controparti sono alla canna del gas e in questo momento un rinnovo rischierebbe addirittura di rappresentare un peggioramento per i lavoratori”, ha confermato Aufieri a Bibliocartina. Il CCNL per i dipendenti delle aziende grafiche e delle aziende editoriali anche multimediali, siglato da tutti i principali sindacati (CGIL, CISL, UIL e UGL) e dalle associazioni Associazione nazionale italiana industrie grafiche, cartotecniche e trasformatrici, Associazione italiana editori e Associazione nazionale editoria specializzata, è stato rinnovato l’ultima volta a maggio 2011. Contiene al suo interno non solo una distinzione piuttosto precisa di ruoli e mansioni, ma fissa anche un protocollo d’intesa ben specifico con l’impegno a costituire una commissione di lavoro sul precariato e le forme di lavoro autonomo in editoria. Questo il testo del protocollo d’intesa contenuto all’interno del CCNL:

Premesso che:
– l’attività editoriale, analogamente ad altri settori, ha caratteristiche tali da richiedere l’impiego di apporti professionali diversi da quelli resi in forma di lavoro subordinato;
– tali apporti di lavoro autonomo sono regolati, nei limiti previsti dalle leggi vigenti, da una serie molto ampia di fattispecie contrattuali, ciascuna delle quali scelta e sviluppata dalle parti nell’ambito della loro autonomia contrattuale in modo funzionale al contenuto e alle peculiarità della prestazione svolta nonché alle caratteristiche tecnico-organizzative presenti nelle aziende committenti: contratti di collaborazione coordinata e continuativa, contratti a progetto, prestazioni d’opera di carattere occasionale
e contratti di prestazione d’opera o di consulenza a carattere strettamente professionale;
– nella consapevolezza che una equilibrata gestione delle forme di collaborazione autonoma passa comunque attraverso il riconoscimento delle fondamentali differenze esistenti tra le diverse forme di rapporto autonomo e tra queste ed il lavoro subordinato;
le sottoscritte Associazioni si rendono disponibili a confrontarsi nell’ambito di una Commissione tecnica costituita con i soggetti competenti incaricata di verificare la praticabilità e le eventuali modalità di applicazione, alle varie tipologie contrattuali di lavoro autonomo, di forme di tutela sanitaria che permettano ai soggetti interessati l’accesso, definendo le modalità con le quali applicare i relativi criteri di volontarietà, ad appropriati strumenti assicurativi, formulando proposte compatibili con le diverse tipologie contrattuali, da armonizzare con l’eventuale quadro legislativo e/o contrattuale di carattere generale.
La Commissione inizierà i lavori nel 2° semestre 2012.

Interpellato a tal proposito Aufieri ha dichiarato “non ricordo che ci fosse qualche Commissione presente nel Contratto collettivo; se c’era evidentemente non si è mai riunita”. Un’evidenza, per usare le parole di Aufieri, che non può non farci dubitare sull’efficacia della nuova proposta di “tavolo di dialogo” svolta lunedì scorso; se anche i tavoli di dialogo già precedentemente apparecchiati sono rimasti lettera morta, disertati o addirittura dimenticati da chi li aveva proposti, perché mai questo dovrebbe funzionare, proprio nel momento in cui, come dichiarato dall’AIE in questi giorni, il mercato dell’editoria anche nel 2013 segna un indice negativo ulteriore del 4,4% rispetto al già negativo 2012?

Le responsabilità dei datori di lavoro e quelle dei lavoratori – La proposta del tavolo sulle professioni editoriali di SLC-Cgil è sorta in collaborazione anche con altre realtà, fra cui la Rete dei redattori precari (Re.re.Pre). Nel corso dell’evento di lunedì scorso Simona Incerto è intervenuta a nome della Rete invocando da una parte la “stabilizzazione per alcune figure le cui prestazioni hanno intrinsecamente i tratti tipici del lavoro subordinato”, dall’altra “l’adeguamento dei compensi dei collaboratori”, dall’altra ancora “l’allargamento del welfare alle troppe persone che ne sono escluse, anche attraverso interventi universalistici finora troppo spesso ignorati, o aprioristicamente scartati, come l’istituzione di un reddito di base”. Tre questioni diverse e persino slegate l’una dall’altra, perché afferenti a soggetti differenti. L’ultima riguarda direttamente, in specie, il piano della legislazione nazionale e va chiaramente oltre il settore editoriale. La prima, la mancata stabilizzazione delle figure di lavoro subordinate, è responsabilità precipua del datore di lavoro (in questo caso l’editore), che non rispetta la legge e ciononostante non viene denunciato. Perché? “Perché altrimenti si perde il lavoro”, la spiegazione sembra persino banale e ce la dà Aufieri. “La strada legale non è praticabile e non è la migliore, perché è la più rischiosa”, continua, per poi tuttavia convenire che “finché non si apre un tavolo di lavoro e di trattativa, che non è al momento all’orizzonte, rimane l’unica strada che abbiamo”. La seconda questione, quella dei compensi per i collaboratori, riguarda in larga parte i collaboratori stessi. Redattori e professionisti dell’editoria costretti al precariato vi si adattano in modo passivo sottostando al ricatto, senza unirsi e solidarizzare fra loro per denunciare le illegalità, ma dall’altro lato senza neanche provare eventualmente a cogliere quelle possibilità che il lavoro autonomo in questo settore effettivamente offre. Contrattazione dei compensi; ampliamento del parco clienti; cooperazione con colleghi; costruzione di reti di collaborazione a vari livelli. Perché non lo si fa? Per una mancanza di cultura minima di autoimprenditorialità da una parte; dall’altra, perché fare rete o meglio ancora unirsi in solidarietà è esattamente l’opposto che coltivare le ambizioni individualistiche così tipiche del lavoratore editoriale di cui parlavamo ieri. Un lavoratore precario di RCS intervistato qualche mese fa da Bibliocartina lo diceva chiaramente: “tra noi non c’è alcuna solidarietà, specie fra dipendenti e precari“. E neanche viceversa, per chi ricorda l’astio invidioso e da più parti non solo giustificato, ma addirittura applaudito, che si è abbattuto da parte di una precaria dell’editoria sull’editor di Mondadori Giulia Ichino qualche mese fa. In attesa di un tavolo di trattative cui non si sa quando e se mai ci si siederà, cercare di superare tali divisioni e aprire momenti di incontro e di confronto volti a una maggiore solidarietà e cooperazione fra professionisti è una strada ineludibile, per quanto dura. Ci sta provando già da qualche tempo Re.re.Pre nell’ambito dei lavoratori precari, lo sta facendo STRADE fra i traduttori editoriali, ma esistono anche alcune esperienze di cooperazione anche fra soggetti diversi del mondo del libro che si sono dimostrate vincenti e che potrebbero andare a vantaggio dell’intero ecosistema, portando benefici all’editore come al traduttore, o come all’ultimo arrivato fra i redattori: Lìberos in Sardegna è un esempio di questo. Si tratta di un cambiamento culturale enorme e che richiede pazienza, certo, ma alzi la mano chi non crede che la crisi che stiamo attraversando in Italia sia anche, o forse in primo luogo, una crisi di tipo culturale. (fine)

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